Se i muri potessero parlare

Ciò che manca a Santeramo è la classica visita guidata, che in tutte le città con un minimo di interesse turistico è organizzata dallo IAT comunale o da associazioni. Tuttavia in occasioni particolari c’è modo di esplorare il centro storico.

Se i muri potessero parlareIn occasione del Murgiafest 2014 ho partecipato alla passeggiata domenicale, la seconda delle due previste nel weekend organizzata da ARCI StandBy e Legambiente Santeramo. La partecipazione del pubblico è stata considerevole: vedere un gruppone di circa cinquanta persone aggirarsi per le stradine del centro fa una certa impressione anche per i residenti abituati al silenzio dei vicoli. La visita è stata condotta da  Andrea Difonzo e Fabio Erasmo Sampaolo che si sono alternati tra aneddoti sui personaggi e spiegazioni sull’architettura.

Quello che si sa della città e della sua storia lo si apprende da alcuni libri, non molti. Nel corso degli anni hanno scritto riguardo Santeramo un membro della famiglia De Luca nel 1765, poi nel 1878 don Matteo De Luca, nel 1936 Morgese in occasione di una riunione di sacerdoti, don Vito Perniola e Vito Tangorra, mentre l’Archivio Caracciolo-Carafa è stato studiato nel 1980 da Clelia Grattagrisi.

Intorno all’anno mille c’erano degli insediamenti, ma non un vero centro abitato. Con l’allontanamento dalla Via Appia la presenza di acqua e grotte hanno favorito i primi insediamenti nelle vicinanze di un convento benedettino di cui rimangono ancora oggi delle tracce. Prima di diventare un feudo indipendente Santeramo faceva parte del territorio di Acquaviva.

Il feudo nato intorno al 1500, acquistato da una famiglia senese, passato poi alla famiglia Carafa e poi ai Caracciolo fino al 1806, anno di abolizione del feudalesimo.

L’attuale Piazza Garibaldi, attuale centro cittadino, intorno al 1576, era addirittura all’esterno dell’antico borgo, dove vi poteva essere semplicemente un vigneto. Il Palazzo Marchesale era un castello, di fronte al quale si estendeva un bosco, con una stradina che si allungava sulla salita verso il convento che era dedicato a San Rocco, mentre frontalmente si trovava il Borgo della Lama.

Prima del 1576 nei documenti si parla del Casale Sancti Herasmi, composto dal castello, dalle mura difensive con fossato e da due torri di cui una si trovava sul lato destro del Palazzo Marchesale. Le mura a scarpa, con il relativo fossato, nel corso degli anni sono state man mano demolite venendo meno la loro funzione difensiva, ma sono ancora in parte visibili in via Chiancone.

Piazza Chiancone è stata realizzata in periodo fascista, intorno al 1933 demolendo le costruzioni preesistenti  considerate fatiscenti, iniziando a edificare nuove abitazioni al di fuori dei centri storici, che iniziò a sorgere oltre l’estramurale, l’attuale Corso Italia. Gran parte del centro storico in quell’epoca viene demolito, considerando la presenza diffusa di uavi, ingressi soprelevati spesso malsani, che andavano a ridurre l’ampiezza delle strade e toglievano luce che potesse illuminare le abitazioni. Infatti  la loro costruzione venne vietata dal 1844 anche per evitare indebite occupazioni del suolo pubblico.

La chiesa di Sant’Eligio risale al XIII secolo, ed è una delle cappelle presenti a Santeramo, oltre quella del Purgatorio e di San Domenico. Sant’Eligio è considerato il protettore dei maniscalchi e degli orafi, e la sua presenza può esser giustificata dalle attività di allevamento di cavalli presso la masseria De Laurentis per la serenissima repubblica veneta. La chiesetta in romanico pugliese era tutta affrescata, ma solo una parte è ancora visibile tra cui le figure si Sant’Efrem e Sant’Erasmo. a cui nel XVI si è aggiunto Sant’Eligio.

Nelle vicinanze si trova il Palazzo Netti, in cui ha vissuto in particolare il pittore e critico d’arte francesco Netti. Ma di Netti illustri ce n’è più di uno.

Raffaele Netti - Atto di Morte
Raffaele Netti – Atto di Morte

Raffaele Netti, è stato uno dei patrioti del Regno di Napoli. Qui seguì i suoi studi presso il collegio scolopio di S. Maria di Caravaggio. Terminati gli studi divenne abate, come  riportato da Croce. Fece poi parte della setta massonica creata dell’amico Carlo Laumberg. Partecipò nel 1794 alla congiura antiborbonica in cui molti patrioti vennero impiccati a Napoli. Alla famiglia di Netti vennero confiscate le propietà, riscattate in seguito dal fratello maggiore Francesco Saverio grazie all’influenza dei rami lealisti della parentela materna. Raffaele Netti evitò l’arresto e si rifugiò nella Repubblica Cisalpina. A Milano aprì una stamperia di libri che gestì sotto il nome di Stamperia de’ patrioti d’Italia e di Raffaele Netti editore. Una volta tornato a Santeramo divenne giudice di pace e deputato al parlamento del Regno di Napoli, scrivendo in quel periodo l’importante legge sulla salvaguardia dei boschi.  Tra l’altro sembra che sia stato anche uno dei fondatori della Setta dei Filadelfi. Nel 1840 fu tra i fondatori della Reale Società Economica, scrivendo diversi trattati sull’agricoltura, e partecipando nel 1848 ai nuovi moti rivoluzionari. Nel 1860 si rifugia a borgo Scorzone, vivendo con la madre. Morì a Bari il 13 luglio 1863 e non il 23 come erroneamente riporta la Treccani.

Francesco Netti, ha passato diversi anni della sua vita a Napoli, e negli ultimi anni della sua vita si è dedicato alla pittura realista. Nelle ultime opere dipinge scene bucoliche, senza far trasparire nei suoi quadri la sofferenza dei contadini dipinti.

Luigi Netti, fratello del pittore, nel 1878 scrive una monografia sulle condizioni dei contadini nel circondario di Altamura, e fornisce in maniera analitica una descrizione del nostro territorio.

Bartolomeo Paradiso - Lo sfratto (1932)
Bartolomeo Paradiso – Lo sfratto (1932)

Bartolomeo Paradiso, di umili origini, ha rappresentato nei suoi quadri la sofferenza del mondo contadino, come avviene ne “Lo sfratto“. Nel 1920 è stato vicesindaco nell’amministrazione Leonardo Natuzzi. Fu perseguitato politico: Nella fase espansiva di Santeramo gli venne commissionato un lavoro che prevedeva scene bucoliche tra le quali doveva essere rappresentato Mussolini su un cavallo bianco. Adempie al dovere, ma preso dal rimorso con della vernice bianca aggiunge il messaggio “La bestia non è quella che sta sotto ma quella che sta sopra”. Durante l’occupazione delle terre nel 1920 venne portato in corteo un quadro che rappresentava un Cristo che diventava proprietario delle terre. Altre opere con rappresentazioni allegoriche furono distrutte in periodo fascista: nel 1937 fu aggredito da un gruppo di squadristi e i suoi  quadri vennero incendiati o rubati.

Una delle torri ancora visibili della domus federiciana fa parte del Palazzo Colonna. Si notano i diversi ampliamenti subiti dall’edificio dalle diverse murature. L’ultimo erede della famiglia cedette il palazzo con l’impegno di costruire un giardino ed una biblioteca. I libri di questa biblioteca vennero poi spostati nella nuova biblioteca comunale. Durante il trasporto negli anni ’70, avvenuto senza inventario, i volumi vennero trasportati con carrette causando la perdita di volumi cinquecentini e seicentini, perdendo un notevole patrimonio bibliografico che avrebbe potuto chiarire molto sul passato di Santeramo. Anche i libri del convento, col passaggio nel 1860 ai beni demaniali dello Stato, sono andati in parte perduti, fatta eccezione di quelli spostati presso i monaci cappuccini di Santa Fara.

Nel 1915 il Vinaccia parla dell’esistenza di catacombe, riportando l’esistenza di affreschi tra ipogei sotterranei, definendoli come catacombe di San Patrizio. Con la creazione della rete fognaria negli anni ’50 il tutto è andato probabilmente distrutto o coperto di materiale di costruzione. Delle catacombe non vi è traccia attualmente, ma rimane vero che nel nostro territorio sono state rinvenute monete risalenti al periodo dell’Imperatore Geta.

L’attuale Chiesa del Carmine fu la prima chiesa di Santeramo, fino al 1741 dedicata a Sant’Erasmo. L’attuale ingresso si trova dove una volta si trovava una bottega di uno stagnino, comprata dal sacerdote e poi abbattuta. La facciata originale si trova lungo via Carmine, ed infatti si distingue ancora il vecchio tetto spiovente. Nella chiesta è conservata un’antica statua di una madonna in pietra locale e sono presenti anche diversi affreschi. Del vecchio convento dei benedettini sono rimasti pochi ruderi, in una zona dedicata attualmente a  nuove edificazioni.

La Chiesa del Purgatorio risale al XV secolo ed è una delle tre cappelle. Veniva gestita da una confraternita laica composta da nobili, che accompagnava i defunti al cimitero, il che si intuisce anche dalle ossa rappresentate sul portone d’ingresso. Fino agli anno ’60 custodiva una delle statue di Sant’Erasmo che venivano portate in processione durante le feste. Nel dopoguerra veniva utilizzata da un criminale che si nascondeva dietro la statua del santo, e ciò ne ha causato la sconsacrazione. Negli anni ’90 è stata affidata ad Armando Mele, un artista che ha realizzato al suo interno un grande presepe.

La nobile famiglia Giandomenico tra l’alto ha dato i natali ad un membro della corte di appello di Trani prima in epoca borbonica e poi anche con il regno d’Italia. Il Palazzo Giandomenico di notevole fattura è dotato anche di una cappella interna.

A don Matteo De Luca, nel 1860, durante la reazione filoborbonica venne richiesto, con imposizione, di cantare il Te Deum per Ferinando II, ma non volendo esser coinvolto rispose dicendo “Io non ho avuto nessuna notizia da Napoli, per cui mi scotolo la sottana“, un modo di dire rimasto nella tradizione popolare.

Sotto l’arco di Sant’Antonio si trova un quadro fatto posizionare da Alberto di Leone, in sostituzione di uno più antico andato perso.

La famiglia De Laurentis è importante per la storia di Santeramo non solo dal punto di vista politico ma anche economico. Carlo De Laurentis venne perseguitato durante la rivoluzione del 1799, venne imprigionato ma poi liberato. Creò uno stabilimento vinicolo tra Santeramo e Matera, importando in particolare dalla Francia le tecniche di vinificazione grazie all’alta richiesta di questo prodotto. Molte famiglie si erano anche indebitate per impiantare vigneti, che in seguito furono colpiti dalla fillossera. Durante un viaggio in Basilicata, il primo ministro Zanardelli fece visita alla cantina e alla famiglia De Laurentis.
I De Laurentis erano considerati dei patrioti. Durante la sommossa del 1860 furono esplosi dal Palazzo De Laurentis dei colpi di fucile in direzione di una processione in onore di Francesco II. Si scatenò il panico. Il giudice di pace, Uva, intervenuto per placare gli animi, venne ammazzato con un colpo di fucile. Da Altamura arrivò a Santeramo un altro membro della famiglia, capitano della guardia nazionale, portando un cannone piazzato sul convento. Si dice che per intercessione di Sant’Erasmo la città fu salvata, e da allora c’è una festa che ricorre il 10 dicembre. In seguito a questa sommossa, patrocinata dal sergente Perniola che proveniva dalle fila dell’esercito borbonico, ci furono numerosi arresti.

Il Palazzo Sava, altra nobile famiglia, fa parte di un complesso architettonico costruito da una parte monumentale rivolta verso Piazza Garibaldi, una cappella dedicata alla Madonna del Rosario, un’ala utilizzata dai Padri Monfortani e un giardino interno.

Probabilmente ci sono inesattezze in quello che ho scritto, tuttavia questa passeggiata si è dimostrata preziosa, dimostrando quanto poco possiamo conoscere la città in cui viviamo e quanto ricca sia stata la sua storia. Un patrimonio che dovremmo proteggere e difendere. Carrette permettendo.

Ulteriori informazioni

Se i muri potessero parlare… instawalk a Santeramo in Colle, Maison Lizia, 25/09/2017, consultato il 07/04/2022

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