L’indipendenza di Santeramo nel Medioevo

La Santeramo che conosciamo è principalmente ottocentesca, con i palazzi storici che vediamo sulle strade principali e nella “sanderm vecchie“. Ma guardando bene ci sono segni di un passato ben più lontano, a partire dalla Chiesa di Sant’Erasmo e dal Palazzo Marchesale, eretto in forma di castello e poi rimaneggiato nei secoli.
Quello di seguito è una piccola parte della più lunga considerazione scritta dal Prof. Vito Zullo alcuni anni fa, in cui parla anche della nascita del nome Santeramo a partire dal Medioevo.

Gente senza Storia

[…] Un altro aspetto è quello riferito alla nascita del toponimo medievale “S.Eramo” poi in Santeramo, che non deve assolutamente confondere circa l’antichità del nostro centro abitato. Sull’origine del toponimo S.Eramo, c’è ancora mistero. Su molte mappe antiche a partire dal 1500 da Mercatore, Ortelio, Castaldi e molti altri, viene riportato sempre il toponimo S.Heremo/S.Eramo, così pure sugli atti notarili pubblici a partire dal 1600, mai compare il nome S.Erasmi/S.Erasmo. E’ il caso di mettere in “giro” quei manoscritti citati dagli studiosi municipali, in modo che altri possano analizzarli. Eccezione fatta di un documento del 1180 nel quale viene citato un “monastero s.erasmi” di pertinenza di Acquaviva.

E’ da notare la pergamena dell’A.D. 1195 (Codice Diplomatico Barese) nella quale viene citata una chiesa sulle terre della lama Ursara (la Morsara) e nella descrizione vengono riportati tre toponimi a noi cari: lacumentanum (lacomentana) alle porte di Santeramo, curtum defica (corte il fico) zona est e palum de gruttelle (grotta della Palomba) nei pressi di Viglione.
La pergamena non riporta alcun cenno di un centro abitato “S.Eramo” quando viene descritto dettagliatamente la zona, soprattutto “lacumentanu, lama ursara, curtum defica” dov’è quel documento che cita S.Erasmi, riferito al martire, ovvero del 1136, siamo 59 anni dopo […]

tratto e adattato da Gente senza Storia, Vito Zullo, SanteramoLive, 27/10/2009, consultato il 02/10/2017

Tempo fa ho scritto altri articoli riguardanti il territorio di Santeramo e delle lotte dei contadini per ottenere la possibilità di coltivare le terre nella zona delle Matine ed ottenere quindi una certa indipendenza economica. Quello che trascrivo di seguito può considerarsi uno dei punti finali di queste vicende, il fascicolo del 1926 relativo al processo riguardante le usurpazioni demaniali dei primi anni del novecento, in cui per delineare il quadro è stata descritta una parte della storia medievale di Santeramo, con citazione di documenti che hanno reso Santeramo indipendente dai comuni vicini.

L’origine del demanio in Santeramo in Colle

E’ fuori dubbio che il demanio in Santeramo in Colle sorse e si affermò col sorgere dello stesso paese.
Scarse notizie la storia ci fornisce circa l’origine di Santeramo, che alla fine del terzo secolo non ancora era sorta. Nondimeno si sa che nel 302 Santo Erasmo – cittadino di Antiochia e vescovo di una delle città di quell’insigne patriarcato – per sfuggire alle persecuzioni ordinate da Diocleziano in danno dei cristiani, venne in Italia, nella Puglia Peucezia, ed insieme ai fedeli che seguivano le sue pratiche religiose si fermò nel Bosco di Acquaviva. Naturalmente i nuovi arrivati sentirono il bisogno di fornirsi non solo di ripari, ma ancora dei mezzi di sussistenza, sicchè ai primi provvidero col costruire capanne, ai secondi con l’usare del territorio sul quale si erano rifuguati.
Il vescovo di Antiochia intanto, scoperto da Diocleziano, fu tradotto a Mola di Gaeta ed ivi sottoposto a martirio. E narra la tradizione che nel giorno del martirio siasi operato il miracolo per il fatto che il dito pollice del Santo si ebbe a trovare sull’altare della vecchia chiesa che in onore di lui era stata eretta. Da ciò ebbe a verificarsi aumento di fedeli in quel luogo che si disse protetto dal Santo, – aumento che andò sempre più accentuandosi per le invasioni dei paesi della Puglia ad opera dei Goti e degli Eruli. Fu così che quell’ammasso originario di capanne – che prima ebbe il nome di Casale di Santo Erasmo – venne poi ad ingrandirsi maggiormente, prendendo forma di paese – col nome di Santo Erasmo e più tardi Santeramo – del quale fu istituito Patrono il Santo, al cui nome fu eretto anche un monastero che fu mantenuto con le oblazioni dei fedeli.
Per soddisfare le proprie necessità la gente dell’antico Casale era spinta a far uso del territorio di Acquaviva che si apparteneva ai signori De Fontanellis, i quali perciò pretesero di assoggettare alla propria giurisdizione i santermani ed imporre loro i tributi. Da ciò sorsero aspre contese, perchè i religiosi del Casale si dolsero della prepotenza dei feudatari di Acquaviva e fecero ricorso all’Arcivescovo di Bari, che, per mettere fine alle lotte feroci che ne conseguirono, invocò l’intervento sovrano. E l’Imperatrice Costanza, figlia di Ruggiero, primo Re di Napoli, nel 1155 spedì apposito privilegio col quale fu per la prima volta riconosciuto e stabilito che il Casale di Santo Erasmo, insieme al Monastero, si apparteneva all’Arcivescovo di Bari – vescovo primato di Puglia – con piena giurisdizione temporale e spirituale.
Non se ne ristettero però i feudatari di Acquaviva ed anzi alla morte dell’Imperatrice Costanza ripresero più accanita la lotta contro la gente di Santo Erasmo. Ma nel 1212 Nicola De Fontanellis firmò di sua mano un privilegio, col quale non solo donò alla chiesa di Santo Erasmo alcuni fondi nel tenimento di Acquaviva, e la dichiarò libera da ogni peso o tributo, ma concesse alla gente del Casale il diritto di pascere con propri animali, acquare, legnare e cogliere ghiande nel territorio di Acquaviva, senza peso o fida alcuna, incaricando i suoi Baglivi della rigorosa osservanza del concesso privilegio. E nel 1220 lo stesso Nicola De Fontanellis, confermando le già fatte concessioni, donò all’Arcivescovo di Bari, e per esso alla Chiesa di Santo Erasmo, la decima non solo dei terratici ed umoratici, che gli veniva corrisposta dai suoi vassalli, ma anche dei propri animali, del diritto della Piazza, delle ghiande e vettovaglie che raccoglieva dai propri campi, confessando con sincero pentimento che ingiustamente, sin dalla morte dell’Imperatrice Costanza, avea posseduto il Casale di Santo Erasmo, per la qual cosa faceva per l’avvenire promulgare dell’Arcivescovo la scomunica contro di sè, i suoi eredi e tutti coloro che avessero pensato di contraddire di vilare od in alcuna maniera contradire le concessioni da lui fatte.
Ciò non per tanto nuove vicende attese il Casale di Santo Erasmo, che attraverso un periodo di tempo venne tolto e ridonato parecchie volte all’Arcivescovo di Bari. Riprodurre oggi tali secolari vicende sarebbe cosa non consentita dall’indole sommaria di questa narrazione, che può a questo punto chiudersi col ricordo di un privilegio che dette un assetto stabile e definitivo a questo stato di continue esasperanti lotte tra i cittadini santermani e i feudatari di Acquaviva.
La Regina Giovanna I infatti, con suo decreto del 23 settembre 1374, donò in perpetuo all’Arcivescovo di Bari ed ai suoi successori tutti i beni confiscati al Duca di Andria, Francesco Del Balzo, condannato per fellonia, nonchè i diritti che questi esercitava sui detti beni. E dichiarò espressamente il citato decreto che con la fatta donazione “I castelli di Cassano e di Santeramo ed i loro uomini avranno da ora innanzi in comune con la Terra di Acquaviva e gli uomini di essa, il territorio, l’acqua, i pascoli e le selve quanto all’uso dei legnami e delle case, l’erba e le ghiande per proprio uso per uso dei propri animali“. E prescrisse inoltre che qualunque fosse stata la vicenda avvenire di Acquaviva, nessuna influenza essa avesse potuto esercitare sui Castelli di Cassano e di Santeramo.
Sorse così e si affermò a favore dei cittadini di Santeramo, attraverso più secoli, un primo demanio universale, quello nel territorio di Acquaviva.
Gli abitanti dell’antico Casale di Santo Erasmo erano di molto cresciuti di numero e perciò maggiori erano diventate le esigenze della loro vita, a soddisfare le quali più non era sufficiente quella parte del territorio di Acquaviva sulla quale avevano ottenuto le già viste concessioni. La necessità di vivere avea così spinto gli abitanti fin nel territorio della città di Matera, del quale si dettero a fare uso. Ciò dispiacque ai materani ed aspre furono le contese che sorsero tra questi e gli abitanti di Santeramo. Don Filippo, Principe di Taranto, nella speranza di far cessare la lotta, concesse ai santermani di potere coltivare, adacquare e pascere nel territorio e nelle matine site nell’agro materano, mercè il pagamento di alcuni tributi. Ma i Baglivi, Terragieri e Credenzieri, incaricati della riscossione di quei tributi, studiarono ogni mezzo per molestare i santermani nel pacifico possesso delle terre che coltivavano e dei diritti che esercitavano in base alla concessione del Principe, tanto che, quando si verificò la morte di lui, le molestie divennero così gravi ed insopportabili che i santermani dovettero abbandonare le terre occupate.
Per l’intervento dell’Arcivescovo di Bari, Caterina d’Angiò, Principessa di Taranto ed Imperatrice di Costantinopoli, con suo rescritto dell’agosto 1341, fece a favore dei santermani nuove concessioni, con le quali, pur confermando le precedenti, sottraeva quei cittadini alle vessazioni dei Baglivi, dei Terragieri e dei Credenzieri di Matera.
Reso vacante il Reame di Napoli, per la successione sorse conflitto armato tra Carlo di Durazzo e Luigi II d’Angiò. La guerra, durata parecchi anni, finì col trionfo di Ladislao che, succeduto a Durazzo, scacciò definitivamente Luigi II. Ladislao Re, per beneficiare i santermani dei servizii che gli avevano reso durante la guerra, con diploma del 10 maggio 1406, li liberò dai tributi imposti a loro carico da Caterina d’Angiò e per di più rese comuni ai santermani i territori di Gioia e di Altamura.
E così un secondo demanio – più importante del primo – si venne intensificando a favore dei cittadini di Santeramo, quello cioè detto “Materano” perchè sorto nel tenimento di Matera.

tratto e adattato da Le usurpazioni demaniali a danno dei cittadini e del Comune di Santeramo in Colle, Avv. Nicola Tommaso Lopez, Officine Grafiche F.lli Laterza & Polo, Bari, 20 maggio 1926, p. 7-12

Ringrazio mio zio Enrico Labarile per avermi fatto leggere questo interessantissimo documento di cui completerò la trascrizione prossimamente.

Gli anni del duecento erano quelli in cui a regnare nella zona era Federico II di Svevia, citato da Giulio Petroni che si rifà alle parole di Michele Garruba di cui avevo già trascritto la parte su Santeramo.

Cotesto arcivescovo Andrea ebbe in commenda le due badie di S. Benedetto di Bari, e d’Ognissanti di Valenzano; e coi fulmini della scomunica strinse Niccolò de Fontanellis signor d’Acquaviva a render le possessioni usurpate al monistero di Santeramo. Essendo poi Federico II nel marzo del 1223 a Firentino gli confermò le medesime donazioni, che a Bernardo: onde quivi egli si condusse pregandolo a voler confermare le donazioni fatte già da Costanza all’arcivescovo Doferio, e quegli ne lo contentava. Garruba, p. 242

tratto e adattato da Della storia di Bari dagli antichi tempi sino allo’anno 1856, Volume 1, Giulio Petroni, Stamperia e cartiere del Fibreno, Bari, 1857, p. 318

Abbiamo incontrato anche un nome poco noto ai santermani ma più conosciuto agli acquavivesi, quello della famiglia De Fontanellis.

1180, maggio. Rainaldus, archiepiscopus Barensis et Canusinus, dietro istanza dell’abate Rainaldo, riceve il monastero di s.Erasmo, nel territorio di Acquaviva, sotto la sua protezione.

1193, ottobre. Doferius, archiepiscopus Barensis et Canusinus, conferma a Petracca, abate del monastero di s. Erasmo, nelle vicinanze di Acquaviva, i privilegi accordati a questo monastero dal suo predecessore, Rainaldo arcivescovo, aggiungendovi il dominio sulla chiesa di s. Effrem.

1217, 9 gennaio. Andrea, arcivescovo di Bari e Canosa, ad istanza di Nicolò abate di s. Erasmo nel territorio di Acquaviva, riceve questo monastero sotto la protezione della sua chiesa, confermando i privilegi concessigli dagli arcivescovi Rainaldo e Doferio, suoi predecessori.

1219, 6 agosto. Donazioni e privilegi concessi da Nicolaus de Funtanellis, signore del castello di Acquaviva al monastero di s. Erasmo.

1249, 25 settembre. Innocenzo IV pp. avverte l’arcivescovo di Bari che il monastero di s. Erasmo è reintegrato nel possesso della villa di s. Erasmo, di cui era stato privato dal defunto imperatore Federico.

1255, 5 novembre. Goffridus, giudice di Gioia, dietro lettera di Manfridus Lancia, principalis capitaneus et iusticiarius in terra di Bari ed Otranto, esegue le disposizioni di Manfredi, principe di Taranto, che si reintegri l’arcivescovo di Bari nei suoi diritti sulle terre di Gioia ed Acquaviva, e, perché questi possa vivere agiatamente, si ponga in possesso del casale di s. Erasmo, rimborsandolo di tutti i proventi riscossi dalla r. Curia sin dal tempo in cui questo casale era stato revocato in mano regia.

1266, 31 gennaio. Copia legale di un’inquisizione, fatta per assicurare se l’arcivescovo di Bari fosse o no obbligato a dare un contingente di soldati al re dal casale di S. Erasmo, che da lui dipendeva.

1296, 12 luglio. Ad istanza di Romoaldus Arcivescovo di Bari, il giudice Guillelmus Risonis trascrive e autentica una lettera diretta da alle autorità di Acquaviva, con cui richiama la loro attenzione sui diritti che da tempo antico competevano all’Arcivescovo di Bari ed alla sua chiesa sul territorio di S. Erasmo.

tratto e adattato da Codice Diplomatico Barese, vol. I, n.56, p.109-110, n. 64, pp.122-123n.85, p.161-163n.87, p.164-165n.100, pp.186-187n.102, pp.189-190n.107, pp.197-202, vol.II, n.47, p.114-115

Un documento originale del 1220 è presente anche nell’Archivio Caracciolo Carafa conservato a Bari, come anche alcune pergamene del 1375 e del 1406.

1220. Notizia della concessione da parte di Nicola de Fontanellis, signore di Acquaviva ad Andrea II, arcivescovo di Bari e Canosa, della decima de terraciis… de vineis…de animalibus…de plateatico et glandatico a lui spettanti e della restituzione al monastero di S. Erasmo del casale di Santeramo posseduto dal tempo della imperatrice Costanza.

1375, 29 gennaio, Napoli. Giovanna I, in seguito alle lamentele degli abitanti di Cassano e di Santeramo in Colle della provincia di Terra di Bari, i quali protestavano per il fatto che i baiuli e gli uomini di Gioia del Colle, contravvenendo a precise disposizioni della stessa sovrana, non permettevano loro di esercitare liberamente assieme agli abitanti di Acquaviva delle Fonti il diritto di acquare, legnare, raccogliere ghiande e pascolare greggi nello stesso territorio di Acquaviva, obbligandoli, anzi, a corrispondere il diritto di affidatura, ordina ai baiuli e agli uomini di Gioia del Colle di non ledere in nessun modo i diritti dei suddetti abitanti, e ai giustizieri di Terra di Bari di vigilare sull‟azione dei baiuli.

1406, 6 maggio, Taranto. Ladislao di Durazzo, in seguito alle lamentele degli abitanti di Santeramo in Colle in provincia di Terra di Bari, vassalli della chiesa metropolitana di Bari, i quali protestavano per il fatto che gli uomini di Acquaviva delle Fonti non permettevano loro di esercitare liberamente insieme a loro il diritto di acquare, di legnare, di raccogliere ghiande e di pascolare greggi nel medesimo territorio di Acquaviva, intima ai cittadini di Acquaviva di non impedire agli abitanti di Santeramo di godere di questi privilegi e ordina ai giustizieri di Terra di Bari di vigilare sull’operato degli abitanti di Acquaviva che saranno condannati alla pena di 50 once se, dopo indagine dei giustizieri, le accuse loro rivolte dovessero risultare fondate.

1410. Matine – Copia in carta libera del Privilegio di Caterina Imperatrice di Costantinopoli, e di Ladislao delle terre alle Matine.

1410. Vendita di S. Eramo, e Grumo fatta dal Re Ladislao a Buzio de Senis in carta pergamena.

1410. “Compra dal re Ladislao” del “castrum Sancti Erasmi” e del “castrum Grumi” da parte di Buzio Pietro de Senis, “armiger”

tratto e adattato da Archivio Caracciolo Carafa di Santeramo, Fondo Santeramo, p. 223, 13, 17, 175, 228, 59

A Re Ladislao è dedicata una strada del centro storico che porta a Piazza Garibaldi.

Avevo letto di sfuggita un paio di anni fa una interessante relazione sulle fasi storiche del nostro paese su SanteramoLive, ma ora quella pagina non è più accessibile.

Anche un annuario del 1883 parla di Santeramo e della sua antica storia.

SANTERAMO
Circondario di Altamura – Abitanti 11,213

R. Pretura di Santeramo

Trae il nome dal suo protettore S. Erasmo, nativo di Antiochia e vescovo in quel Patriarcato. Venuto in Italia nel 270, per iscampare alle persecuzioni di Diocleziano, si nascose, (secondo una pia credenza) nelle boscaglie che ircondavano questa Terra, che da quell’epoca si nominò Terra Sancti Erasmi (S. Eramo).
Ai 2 giugno del 303 questo S. Vescovo venne cinto della corona del martirio in Formia, nell’antica Campania, oggi Terra di Lavoro, e, nel 590 distrutta Formia dai nemici del cristianesimo, il suo S. Corpo venne salvato e trasportato in Gaeta, conservandosi una reliquia in S. Eramo, dove al 2 giugno di ogni anno si celebra solenne festa in onore del S. Protettore.
Verso il 600 ai pochi abitanti di questa terra si unirono altri uomini fuggiti dai circonvicini paesi distrutti dai Goti ed in quell’epoca la cura religiosa ed amministrativa del luogo, l’ebbero gli Abati Benedettini.
Fu nel 1155 che S.Eramo passò al feudalesimo degli Arcivescovi di Bari e poscia a quello dei fratelli De Fontanellis, signori di Acquaviva; i quali nel 1219 lo donarono al Venerabile Nicola Abate Benedettino del Monastero di S. Erasmo, e da questi ripassò all’Arcivescovo di Bari. (bolla d’Innocenzo III).
Nei dintorni della Chiesa Parrocchiale, costruita presso l’antichissimo Monastero di S. Benedetto, v’è la Catacomba di S. Patrizio ove non ha guari scorgevansi gli avanzi di antichissimi affreschi e di un altare diruto: quivi presso e sotto le distrutte muraglie che circondavano il paese vi erano moltissimi sepolcreti ove si rinvennero pregevoli vasi etruschi, monete greche, romane e spagnole, che si conservano da qualche cittadino, scheletri, elmi, corazze, spade e lance; tutto ciò fa credere che questa terra è stata abitata da tempi remotissimi e da nobili e da guerrieri.

tratto e adattato da Annuario storico statistico commerciale di Bari e provincia, 1883, p. 321

Una Santeramo medievale poco conosciuta e con poche tracce, ma che merita di esser riscoperta rendendo disponibili quanti più documenti possibili, specie per riconoscimento a quei santermani che hanno lottato per far nascere il paese indipendente di oggi.

Fonti consultate

Le usurpazioni demaniali a danno dei cittadini e del Comune di Santeramo in Colle, Avv. Nicola Tommaso Lopez, Officine Grafiche F.lli Laterza & Polo, Bari, 20 maggio 1926, p. 7-12
Gente senza Storia, Vito Zullo, SanteramoLive, 27/10/2009, consultato il 02/10/2017
Annuario storico statistico commerciale di Bari e provincia, 1883, p. 321
Archivio Caracciolo Carafa di Santeramo, Fondo Santeramo, p. 223, 13, 17, 175, 228, 59
Della storia di Bari dagli antichi tempi sino allo’anno 1856, Volume 1, Giulio Petroni, Stamperia e cartiere del Fibreno, Bari, 1857, p. 318
Codice Diplomatico Barese, vol. I, n.56, p.109-110, n. 64, pp.122-123n.85, p.161-163n.87, p.164-165n.100, pp.186-187n.102, pp.189-190n.107, pp.197-202, vol.II, n.47, p.114-115

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