Vaccini e mortalità infantile nel 1886

Qualche tempo fa ricordo un interessante servizio di Alberto Angela riguardo una serie di scoperte scientifiche che hanno decisamente migliorato la nostra vita. Riguardava in particolare gli studi sull’igiene e sulla scoperta dei vaccini. Rimasi colpito dalla storia di Louis Pasteur e dai suoi studi, in particolare di come utilizzò il metodo scientifico per determinare come un nuovo tipo di trattamento potesse funzionare per sconfiggere delle malattie che fino ad allora mietevano molte vittime.

Nelle ultime settimane in Italia si è tornato a parlare dell’importanza delle vaccinazioni, proprio ora che siamo prossimi all’inverno, stagione in cui si contano tanti casi di influenza in particolare tra i bambini. Ma questa non è la sola malattia con cui abbiamo a che fare. Basti considerare la spregiudicatezza di alcuni genitori che si sono rifiutati di far vaccinare i propri figli seguendo siti internet che diffondono informazioni complottistiche riguardo le vaccinazioni di massa.
E’ vero che molte case farmaceutiche si sono arricchite negli ultimi anni, facendo crescere i timori di epidemia globale che poi non ci sono state, vendendo alle varie nazioni milioni di dosi di vaccino poi inutilizzate.
Forse ci sentiamo così sicuri delle nostre condizioni di vita che crediamo di riuscire a farcela da soli. Ciò sta aumentando il rischio del ritorno di malattie che erano quasi sparite dall’Italia.
A scuola ci hanno insegnato che fino al secolo scorso la mortalità infantile era un problema. Che è stato risolto con la cultura dell’igiene, con vaccini e farmaci, con cure mediche moderne.
Fortunatamente al giorno d’oggi i bambini possono contare su analisi accurate che le future madri possono eseguire già dai primi mesi di gravidanza, su pediatri che seguono i nascituri sostenendo i genitori sulla loro cura. C’è tuttavia anche chi, venendo meno a quanto validato scientificamente, non segue la prassi consolidata, sconsigliando le immunizzazioni.
Ho voluto fare questa analisi su dati concreti, per capire quanto si è fatto negli anni. E quanto grave fosse la situazione. La mortalità infantile era una vera piaga, e Santeramo perdeva molti dei suoi figli. Ho voluto quindi considerare un anno in particolare, il 1886, anno in cui Pasteur dimostrò l’efficacia del suo vaccino contro la rabbia. Gli abitanti di Santeramo erano circa 11’500 (secondo i censimenti erano esattamente 11’213 nel 1881 e 13’610 nel 1901).

Nel 1886 nel registro degli Atti di Nascita si contano nella prima parte 510 bambini e 9 nella seconda parte, per un totale di 519 individui.

1886Sempre nel 1886 il registro degli Atti di Morte di Santeramo in Colle riporta 397 morti nella prima sezione, a cui se ne aggiungono 16 della seconda sezione, che riguarda i morti in ospedale e quelli in altre città, per un totale di 413 decessi. Di questi erano 223 maschi e 190 femmine.

Ho sfogliato pagina per pagina segnando per ciascun individuo: il sesso, l’età espressa in anni, e laddove indicato in mesi e giorni. Ci ho messo diverse ore per poter giungere ai dati di sintesi che ora inizio a snocciolare. Al fine di calcolare una media più precisa per l’età ho aggiunto 180 giorni alle età espresse solo in anni, e 15 giorni alle età espresse solo in mesi. La media delle età dei deceduti, da cui in teoria si stima una “speranza di vita” è estremamente bassa, e raggiunge appena i 16 anni. Ma come è possibile una aspettativa di vita così bassa? Perchè molti, ma davvero molti bambini non raggiungevano l’età adulta. Non è mai specificata la causa del decesso, per cui non si può dire quale fosse stata la causa, e se quindi si sarebbe potuto evitare con migliori condizioni igieniche, con cure mediche o vaccini allora inesistenti.

Tra i 413 individui ho stabilito una soglia, sotto la quale considerare gli individui come bambini e oltre la quale considerarli adulti. Ho considerato l’età di 12 anni, anche se devo dire che negli atti vengono riportati anche individui di 10 o 11 anni che già avevano una professione, svolgendo ad esempio l’attività ti contadino, dato che in una famiglia santermano dell’ottocento chiunque doveva darsi da fare se ne aveva le forze.

Vediamo dunque questi due gruppi, di bambini fino a 11 anni, e di “adulti”, da 12 anni in poi. Il dato è sconvolgente: il 73% dei deceduti del 1886 erano bambini. Furono 164 i maschi e 139 le femmine, quindi 303 bambini. Tra gli adulti 59 i maschi e 51 le femmine, per un totale di 110 individui. L’età media di decesso degli adulti era di 58 anni.

Per definizione la mortalità infantile riguarda solo il primo anno di vita, per cui ho applicato una ulteriore distinzione per i neonati che risultano deceduti a meno di un anno. Furono 74 maschi e 60 femmine, per un totale di 134 neonati, che rappresentano il 32% dei deceduti del 1886, uno su tre. Se li si confronta con il numero delle nascite dello stesso anno, quindi con i 519 individui nati nel 1886 abbiamo il 25%. Il tasso di mortalità M_\text{i}(a) si ottiene rapportando il numero dei bambini morti entro il primo anno di vita B_\text{m}(a) nell’arco dell’anno solare a al numero dei bambini nati vivi B_\text{n}(a) nello stesso anno, e moltiplicando il risultato per mille:  M_\text{i}(a) = B_\text{m}(a)/B_\text{n}(a) \cdot 1000
Per semplificare considero il solo 1886, quindi B_\text{m}(a)=134 e B_\text{n}(a)=519-134=385, da cui approssimo che il tasso di mortalità infantile fosse del 348‰, circa il 34%.

Tra questi bambini almeno 4 erano “esposti”, cioè stati abbandonati dai genitori e lasciati alla ruota dei proietti. Purtroppo non sono sopravvissuti.
Un altro caso drammatico riguarda una coppia di gemelli, già di per se un evento raro per l’epoca veder nascere dei gemelli. Si trattava di una coppia di femmine che sopravvissero solo per 2 giorni.

Possiamo fare un confronto sui dati nazionali utilizzando come riferimento il censimento del 1881. Sommando i dati delle fasce d’età tra 0 e 12 anni abbiamo che la percentuale raggiungeva addirittura circa il 270‰, cioè dei bambini nati nei 12 anni precedenti il 27% non era più in vita. La percentuale dei neonati deceduti sotto l’anno di vita, era del 32‰. Si tratta del 3%, quindi un decimo del dato di Santeramo, una differenza abissale se non ho fatto grossi errori di calcolo.

Oggi consideriamo la morte di un bambino per malattia come una fatalità, di cui ne parlano giornali, andando a caccia delle cause e scatenando accuse verso medici che non hanno potuto far nulla o che non hanno fatto abbastanza. Nel corso della storia il miglioramento delle condizioni igieniche, le cure mediche, i farmaci e i vaccini hanno consentito a molti bambini di diventare adulti.
Spero che questa serie di dati faccia comprendere come la nostra vita sia migliorata da allora e come le cure mediche non vadano sottovalutate.

Fonti consultate

Censimento della Popolazione, Regno d’Italia, 1881, p.115

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