Ci sono nazioni, anche in Europa, in cui si continua a dibattere sulla legittimità dell’aborto. Discussioni basate sulla fede religiosa, sul rispetto della vita e sulla dignità della donna.
Per chiarire meglio il perchè sia necessaria una norma che lo consenta occorre ricordare i drammi, fisici e psicologici, che le donne hanno subito.
Colgo l’occasione per parlare della vicenda di Anna Difonzo, nata il 3 novembre 1910. Sul suo atto di nascita è apposta una nota che mi fa supporre che non si sia sposata da ragazza. Nonostante questo, probabilmente al di fuori di un matrimonio, concepì un bambino, portando al termine una gravidanza che presumo volle tenere nascosta alla comunità santermana. In quegli anni l’aborto non era consentito dalla legge italiana, e qualora fosse praticato di nascosto vi erano rischi per la donna. Questo portava alcune donne con gravidanza involontaria ad arrivare fino al parto, per poi abbandonare il nascituro dandolo in adozione.
Di certo la gravidanza non fu un segreto per la sola Anna, qualcun altro sapeva e avvisò le forse dell’ordine dell’accaduto. Si può solo immaginare che potesse essere una ostetrica o il padre del neonato. E c’è anche la possibilità che il piccolo fosse nato privo di vita, cosa non così rara come oggi, e che quindi non ci sarebbe stato modo di affidarlo alle cure di una ruota dei proietti.
Una brutta storia, che ci dovrebbe far riflettere su quello che siamo come essere umani, e sulle scelte che dovrebbero esser consentite a chi si trova in situazioni delicate. Lasciando al primo posto il valore per la vita e la salute. Senza essere miopi nei confronti di chi non si trova nelle condizioni di accudire una seconda vita.
Anna Difonzo, alla veneranda età di 85 anni, sposò Giuseppe Masiello.
Fonti consultate
La Gazzetta del Mezzogiorno, 25/08/1949, p. 2