Leonardo Natuzzi, il sindaco dalle umili origini

Di recente è ricorso il 125° anniversario della fondazione del Partito Socialista. E’ stata l’occasione per riscoprire Leonardo Natuzzi a 50 anni dalla sua scomparsa, un santermano che si è contraddistinto per il suo impegno nel cercare di dare una dignità e migliori condizioni ai lavoratori delle terre di Santeramo.

 

 

 

Leonardo Natuzzi, o Lonardo come era uso scrivere nell’ottocento, nacque il 20 novembre 1886 da Michele Natuzzi e Anna Dimita, una famiglia di contadini. Prese lo stesso nome di suo nonno paterno e del secondogenito deceduto in tenera età quattro anni prima.
Mio zio Enrico ricorda quanto fosse dedito al lavoro e abile in quel che faceva, in particolare nel tosare pecore per ricavarne lana, una tipica attività della vita rurale di Santeramo. All’epoca si veniva pagati in base alla quantità di pecore tosate, 50 centesimi di lira a capo.
Era iscritto al Partito Socialista, al quale rimarrà sempre legato.
Il 29 gennaio 1911 sposò Maria Tritto da cui ebbe poi diversi figli.
Nel 1913 fu eletto assessore al comune a soli 27 anni.
Nel 1920 fu nominato sindaco, aveva 34 anni. All’epoca i sindaci non ricevevano uno stipendio per cui per mantenere loro stessi e la famiglia dovette continuare il suo lavoro abituale. E la gente dei comuni vicini era quasi incredula a vedere un sindaco materialmente così vicino.
Dopo pochi anni in Italia iniziò l’avanzata del Fascismo. In un giorno di normale lavoro nei campi, Leonardo venne raggiunto e gli si chiese di presentarsi dal Podestà. Da quanto riferitomi gli si chiese di rassegnare le dimissioni, in quanto figura scomoda, e dopo alcuni giorni rassegnò le dimissioni. Il suo nome appare infatti nel Casellario Politico Centrale, schedato nella busta 3504 come “comunista” e “radiato“.

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Tra il 1907 e il 1920 e oltre, si susseguirono nelle Puglie, importanti movimenti sociali consistenti in occupazioni di terre ad opera dei contadini disoccupati ed ex combattenti, per la maggior parte, contro la prepotenza atavica dei padroni. Il nostro Natuzzi fu tra i promotori di tali movimenti, occupò una figura di primo piano in quel periodo storico. Fu uomo di fede che visse sacrificandosi e lottando per l’affermazione di ideali di giustizia in cui credeva: la re­denzione delle classi umili. Lottò prima contro i padroni del tempo.
Fu un autentico santeramano: contadino, imparò ben presto la durezza e lo sfruttamento in cui si dibattevano le masse contadine.

Aderì giovanissimo al partito Socialista Italiano che lo vide tra i militanti più convinti nell’organizzazione delle lotte e nelle battaglie politiche più infuocate.
Nel 1913 fu eletto assessore al Comune, essendo Sindaco il socialista Simeone Difonzo. Questa amministrazione durò fino allo scoppio della prima guerra mondiale; allora il Prefetto di Bari a nome del Governo dichiarò decaduta tale amministrazione socialista e nominò un commissario. Perchè questo? Perchè il 13 Agosto 1914 la Giunta Comunale socialista – appunto – aveva inviato al Governo un telegramma in cui si aveva auspicato la neutralità.
Intanto le promesse governative non vennero mantenute e la lotta per i bisogni dei contadini diventavano sempre più aspre e gli scioperi si susseguirono quasi ininterrottamente.
Nel 1920 il Partito Socialista vinse di nuovo le elezioni come nel 1913 e il nostro Natuzzi di 34 anni fu nominato Sindaco. Fu uno dei pochi contadini altero e dignitoso, coltivandosi da se, studiando, educandosi dando prova di correttezza e competenza. Tra gli altri eletti in quella elezione ci furono Giovanni Laricchia e Bartolomeo Paradiso di cui a pag. 145 e 181.
I risultati di tale elezione furono contrastati dal partito opposto: quello popolare. I socialisti però, nell’ampio dibattito seguito, ebbero la vittoria e poterono proseguire nell’attualizzare il proprio programma: debellare la miseria e far nascere il diritto anche per gli addetti alla terra. Ma le cose italiane precipitavano velocemente e inesorabilmente: venne il fascismo nel 1920: i socialisti dapprima non mollarono ma poi… dovettero cedere difronte alla forza e alla prepotenza. Fu estromesso il Sindaco Natuzzi e cominciarono così le violenze, le devastazioni, le deportazioni, ormai note.

Il Musci scrive: “in questi decenni dall’avvento del fascismo (ma anche pri­ma) fino alla liberazione, il popolo di Santeramo visse nella più nera miseria. Gli operai in. Piazza Garibaldi si recavano dal fiduciario dei padroni per chiedere un lavoro, venivano scelti i più forti per meglio essere sfruttati. Venivano scelti quelli che davano garanzia contro qualsiasi ribellione, la paga era a discrezione del padrone e guai ad accennare qualsiasi dimostranza. Veniva detto agli operai di accontentarsi e che così i padroni li avrebbero fatti campare bene”. Si doveva ubbidire e lavorare. Si doveva partire da casa la mattina al­l’alba per poi farvi ritorno la sera tardi. Molti rimanevano in campagna e dor­mivano nei fienili insieme alle bestie. Per le donne la situazione era diversa e più drammatica. La casa, nella maggioranza delle situazioni, era formata da una sola stanza nella quale era sistemata la cucina, il letto matrimoniale, i letti dei figli e il recipiente dei bisogni…
I figli di questi contadini (i maschi) non appena avevano raggiunto l’ottavo anno di età, venivano portati nella piazza centrale. Là avveniva il mercato vergognoso: il fattore del padrone sceglieva i più robusti e con una misera ricompensa comprava per un anno intero il ragazzo da adibire nella masseria a pascolare gli animali. Molti rivedevano la casa dopo un anno di umiliazioni di ogni genere, tenuti a dormire insieme alle pecore. Veniva dato loro in pasto quello che avanzava alle “mangiate” dei padroni.
Io che scrivo ricordo molto bene questa triste situazione: triste, umiliante, disonorevole. Era quindi giusto che degli uomini dagli ideali carichi di giustizia, di amore per il sofferente si ribellassero contro questo andazzo servile e addirittura da schiavi. I socialisti però non mollarono.

Nel 1924 nacque un gruppo clandestino antifascista e vi fecero parte sempre il nostro Natuzzi e Bartolomeo Paradiso.
Il 30 Aprile 1937 ci fu una ennesima invasione aggressiva e prepotente di fascisti nei locali e sugli uomini del Partito Socialista. Seguirono insulti, lesioni personali, umiliazioni di ogni genere.
Ma finalmente venne il 25 luglio 1943: la caduta del fascismo. “Era una scena indescrivibile: uomini forgiati da una lotta crudele che si abbracciavano piangendo come bambini. Erano ormai convinti che l’oppressione stava finendo. La loro lotta era vittoriosa e la loro aspirazione di vivere un futuro da uomini liberi stava per diventare una realtà”.
Nel 1944 il nostro Natuzzi ritornò alla carica di Sindaco “Questo nostro concittadino, del quale tutti dobbiamo essere fieri, ebbe a gestire i momenti più difficili e drammatici della nostra storia. Fu l’ultimo sindaco dell’Italia libera prima della dittatura fascista; fu rieletto sindaco nel 1946: uno degli anni più difficili per noi usciti sconfitti da una guerra disastrosa e dalla dittatura fascista. Ed ancora una volta era stato il Sud a pagare il più alto prezzo”.
Morì il 24-7-1967.

tratto e adattato da Alcuni figli benemeriti di casa Nostra: Santeramo, P. Adolfo Porfido, Litotipografia Poziello, Vitorchiano (VT), dicembre 1992, , p. 221-222

Nell’ultima parte P. Adolfo Porfido faceva un po’ di confusione con le date riguardanti il secondo e terzo mandato, che ho corretto in questa trascrizione.

In una recente pubblicazione de La Voce del Paese, la pronipote Antonella Ricciardi riporta quanto scritto dal sindaco in alcune lettere.
Il 17 luglio 1944 scrisse: “La situazione di Santeramo è grave. Non intendo rendermi complice della disastrosa situazione del Comune, ridotta così per colpa del Fascismo e della guerra. Io non intendo suonare sulla chitarra scordata e sfasciata che altri l’hanno così ridotta. Io intendo, non solo cambiare canzone, ma suonare su corde nuove e su motivi diversi confacenti ai tempi che attraversiamo. Del popolo, senza alcuna colpa, molti hanno pagato con la vita. Ora, per riparare a tanta sciagura, occorre minare la borsa dei ricchi, responsabili di tanto disastro che senza merito, guazzano nella dovizia. Stare a puntellare con puntelli inadatti e marciti, la cadente e corrotta società borghese capitalistica, responsabile del disastro, non è mio mestiere. Sono un maestro che costruisce di pianta il nuovo edificio sociale, basandolo, non sulla melma capitalistica fascista, ma su basi solide e con fondamenta profonde e sicure“.
Pochi mesi dopo, il 16 settembre 1944 si dimise scrivendo: “Da uomo di coscienza e socialista antico della scuola di De Amicis mi dimetto dalla carica di Sindaco del Comune e prego di accettare tali dimissioni senza discussioni, tanto per non rendermi complice della dolorosa situazione in cui la Patria è caduta e che forse ancora, involontariamente, la si trascina verso il suo tragico calvario. Ritorno da libero e cosciente cittadino al mio duro lavoro dei campi nel quale, solo, intravedo la tranquillità dell’animo mio e la fonte di rigenerazione morale e materiale della Patria e dell’umanità“.

Morì mezzo secolo fa a 80 anni.

A lui è dedicata una lunga via nella zona ovest di Santeramo, che corre parallela a per un tratto di Corso Italia.

Famiglia Natuzzi – Tritto

Ringrazio mio zio Enrico che mantiene vivo il ricordo di questo grande uomo.

Fonti consultate

Alcuni figli benemeriti di casa Nostra: Santeramo, P. Adolfo Porfido, Litotipografia Poziello, Vitorchiano (VT), dicembre 1992, , p. 221-222
La Voce del Paese, Edizione Santeramo, Nicoletta Labarile, 7 luglio 2017, p. 10-11
Partecipare
Casellario Politico Centrale, busta 3504

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