Primo Maggio, festa del lavoro santermano

 

Qualche settimana fa, chiacchierando con mio zio, Enrico Labarile, ho scoperto che qualche tempo fa ha scritto anche lui degli articoli, per il giornale dell’Università della Terza Età che ha frequentato fino a qualche anno fa. Mi ha fatto quindi sfogliare alcuni numeri de La Terza Pagina. Nel 2006 scrisse un paio di articoli che qui ripropongo riguardanti la Festa del Lavoro, e un aneddoto accaduto a Santeramo negli anni trenta, in pieno periodo fascista.

La Terza Pagina, Università della Terza Età di Santeramo, Enrico Labarile, maggio 2006, p. 8
1° Maggio, Festa del Lavoro

La festa del lavoro è stata una grande conquista del movimento operaio e del sindacato nei secoli dall’800 al ‘900.
Con l’avvento della grande industria e del capitalismo si costituì un proletariato industriale, fatto di masse di salariati delle officine, sottoposti a orari di lavoro gravosissimi, in condizioni igieniche pessime e con retribuzioni bassissime. I salariati, in genere contadini attratti dall’industria, cercavano nel lavoro delle fabbriche un mezzo di sostentamento più sicuro del lavoro nei campi. Ma essendo loro in grandissimo numero e non godendo di nessuna protezione di legge, vissero per molto tempo alla mercé dei padroni capitalisti. Donne e bambini venivano impiegati in lavori estenuanti anche per 14-15 ore al giorno, con retribuzioni che bastavano appena per comperare un tozzo di pane, gli operai furono sottoposti a sistemi di sorveglianza e di controllo crudeli e disumani. Stipati in misere e luride catapecchie, sorte alla periferia della grande città industriale, furono vittime della tubercolosi e delle più gravi malattie infettive.
Così per difendersi dalle vessazioni di un capitalismo inumano e sfruttatore, i lavoratori si unirono ben presto in associazioni e sindacati, venendo perseguitati dalle leggi vigenti. Soltanto nel 1824 si stabilì, per legge, che l’appartenenza ad un’associazione di operai, non fosse più un reato. Si ebbero casi prima in Inghilterra: le “Trade Unions“, società operaie che si diffusero in tutti i paesi industrializzati, anche nei ceti della borghesia, portarono un vivo interesse per le rivendicazioni degli operai che reclamavano un trattamento più equo ed umano. Robert Owen fu il primo industriale inglese che promosse nei suoi stessi stabilimenti ardite innovazioni intese a migliorare le condizioni di lavoro degli operai e il loro tenore di vita. Ma le associazioni operaie, furono ostacolate da monarchie o politici che in quegli anni devastarono l’intera Europa ed America, con le guerre di Secessione e d’Indipendenza.
II 1° maggio del 1886, infatti, negli Stati Uniti, la “Federation of Organized Trades and Labor Unions” aveva proclamato i primi scioperi per chiedere di sancire contrattualmente l’orario lavorativo di 8 ore. Le agitazioni riguardarono circa 400 mila lavoratori di diversi Stati dell’Unione, provocando scontri con la polizia, come avvenne il 4 maggio a Chicago, dove al termine di una grande manifestazione con oltre 80.000 persone, una vera e propria battaglia causò 11 morti ed un centinaio di feriti. Al Congresso della “Seconda Internazionale” il 14 luglio 1889 fu approvata la giornata del lavoro a data fissa, tale mozione fu presentata dai delegati francese e statunitense, da manifestarsi ogni I Maggio “La festa del lavoro“.
In Europa la prima celebrazione della festa del lavoro si ebbe nel 1890, con esclusione dell’Italia, dove vigeva divieto assoluto alle manifestazioni nelle piazze, ordine del Presidente del Consiglio di allora, l’onorevole Francesco Crispi. Nel 1891, anche in Italia fu manifestato il I Maggio con scontri nelle piazze fra polizia e dimostranti, causando morti e decine di feriti. Con la festa del lavoro, dall’ambito sindacale dell’orario di lavoro, le rivendicazioni si estesero ai diritti civili e alla politica internazionale.
Con l’avvento del fascismo, fu abolita la celebrazione del I maggio e fu stabilita la data del 21 aprile (Natale di Roma) per festeggiare il lavoro italiano. Durante il ventennio fascista, in molte città, la commemorazione del I Maggio proseguiva in modo clandestino, procurando centinaia di arresti e feriti tra i dimostranti.
Nel 1945 con la Liberazione, il I Maggio tornò a coincidere con la festa del lavoro. In molte località, dopo la manifestazione in piazza, gli operai si recavano sul posto di lavoro vestiti a festa per festeggiare la “Festa del lavoro” con musica canti e balli. In altre località il giorno del I Maggio, interi paesi fermavano tutte le loro attività, dai mezzi pubblici ai ristoranti, per onorare il lavoro. Anche qui a Santeramo, il mio paese, la festa si svolgeva in mattinata con manifestazione per le vie, a sera nella pubblica piazza, gremita di.operai di tutte le categorie e ornata di bandiere, con canti e concerto musicale.
Nel 1947 a Portella della Ginestra, nelle campagne del palermitano, durante la manifestazione, i banditi di Salvatore Giuliano spararono sulla folla ammazzando ben 11 operai. Negli anni successivi le celebrazioni del I Maggio si intrecceranno con le confederazioni sindacali e con gli sviluppi della situazione politica, sociale ed economica dell’Italia. Nel 1990, anno del centenario, CGIL, CISL e UIL, hanno celebrato a Milano, nell’area degli ex stabilimenti Ansaldo con la partecipazione del Presidente della Repubblica, per la prima volta nella storia della Festa del lavoro.
Oggi, la festa del lavoro è quasi dimenticata. la gente scambia il I Maggio per una vacanza di fine settimana. Gli operai godono dei diritti acquisiti nelle lotte e non rendono omaggio al lavoro. Nel 2005, Santeramo è stata in crisi con le sue industrie, ma il I Maggio la piazza era deserta, alla manifestazione hanno partecipato solo una ventina di anziani pensionati. Quest’anno è andata leggermente meglio: ma dov’erano gli operai santermanì? Gli 8.000 operai di Santeramo? Gli operai nel mondo hanno impiegato 200 anni di lotte sfidando e incontrando la morte e la galera per rivendicare i loro diritti, gli operai del 2000 con un colpo di spugna cancellano tutto. Si dice che sono cambiati i tempi!
Con una politica sempre in agguato e la povertà alle porte, gli operai se ne vanno in vacanza, dimenticando l’eventuale futuro dei propri figli! (Chi cerca lavoro, cerca onore!)

tratto e adattato da La Terza Pagina, Università della Terza Età di Santeramo, Enrico Labarile, maggio 2006, p. 8

La Terza Pagina, Università della Terza Età di Santeramo, Enrico Labarile, maggio 2006, p. 3
Festa di Fine Lavoro

Racconto di un bracciante presente alla festa

Nell’Italia del 1930 c’era la dittatura del regime fascista. Così tutte le riunioni, le manifestazioni politiche e sindacali fra operai furono dichiarate fuori legge, e fra la maggioranza dei braccianti c’era malcontento.
All’epoca, come ancora oggi, alla fine di un lavoro, i partecipanti usavano festeggiare con cene o pranzi, ma anche queste piccole feste fra operai furono vietate, essi venivano accusati di diffamazione e associazione a delinquere contro lo Stato italiano.
Una volta, una ventina di braccianti alle dipendenze di padroni terrieri, avevano appena terminato il lavoro invernale nelle vigne di una grande estensione (il lavoro invernale finiva tra marzo e aprile, quando i braccianti con le zappe allargavano i ceppi dal terreno, formando dei buchi o canali a seconda che il terreno si presentasse promettente, affinché le piogge primaverili raccogliendosi sotto i ceppi, penetrassero in profondità nelle radici per avere più umidità nei mesi estivi o durante le siccità).
Così decisero di festeggiare il loro fine lavoro con un’abbondante cena e bevuta, nella notte del 1° maggio, un po’ per ripicca e un po’ per ribellione al regime fascista e ai suoi divieti.
L’appuntamento era per le 22.00 del 30 aprile in una masseria nel territorio di Gravina di Puglia. Si erano appena accomodati a tavola quando sopraggiunse una squadra fascista, con le loro superbe divise nere, armati di tutto punto: pistola, pugnale, moschetto e manganello che con fanaticheria facevano ruotare su se stesso tra le mani.
Evidentemente c’era stata una soffiata, qualcuno aveva tradito. Il comandante dei fascisti, invitò i presenti alla consegna dell’organizzatore della festa e a disperdersi nelle campagne circostanti. I braccianti intanto, si erano armati dei loro attrezzi, pronti a difendersi e a non cedere alle richieste dei fascisti.
Calò il silenzio, gli sfidanti si guardavano negli occhi, c’era un’atmosfera lugubre, nell’aria si sentiva il fiato dei presenti. In altre occasioni operai e fascisti sovente si ammazzavano tra di loro! Ma ecco farsi avanti l’organizzatore della festa, che chiese agli squadristi chi fossero, cosa volessero, se erano padri di figli, se erano figli di padri e di madri, se erano mariti. Il comandante rispose di si a quelle domande: “Siamo padri, figli, mariti, soprattutto siamo italiani!“. L’organizzatore disse loro: “Non solo siete italiani, siete anche operai, operai come noi, noi serviamo la terra, voi servite il vostro regime, ma siamo tutti operai, sedetevi insieme a noi e festeggiamo insieme il nostro e il vostro lavoro!“.
L’invito fu ben accetto, e dopo una mezz’oretta di chiasso e svuotamento delle fiasche (contenitori di vino) la festa fu rallegrata dai brindisi: i primi per l’Italia, poi per il Re, a seguire per il Duce e per Marx, il resto fu per il lavoro e per il 1° maggio, ognuno cantava la propria canzone: faccetta nera per i fascisti, bandiera rossa per i social-comunisti. Alla fine della festa, il sole già levatosi, tutti insieme cantarono l’inno nazionale “Fratelli d’Italia“.

tratto e adattato da La Terza Pagina, Università della Terza Età di Santeramo, Enrico Labarile, maggio 2006, p. 3

In effetti mio zio ha ragione, ormai si aspetta il Primo Maggio per il “ponte” per poter evitare di lavorare, per far vacanza e potersi rilassare. Ma in effetti non ci rendiamo più conto delle condizioni terribili a cui molti uomini e donne sono stati costretti prima di noi per poter sostentare se stessi e la propria famiglia. Il lavoro a cui il Primo Maggio dovrebbe mostrare riconoscenza.

Fonti consultate

La Terza Pagina, Università della Terza Età di Santeramo, Enrico Labarile, maggio 2006, p. 3
La Terza Pagina, Università della Terza Età di Santeramo, Enrico Labarile, maggio 2006, p. 8

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