Giuseppe Perniola, il sergente della rivolta

Oggi, 10 dicembre, si festeggia il Patrocinio di Sant’Erasmo, il così detto “Sand’Aràseme Vernine”. Si tratta di una ricorrenza religiosa iniziata nel 1861 e che ha alle sue origini una ribellione avvenuta l’anno prima, nel 1860.
Dell’argomento se ne è parlato in un incontro organizzato dal Club Femminile dell’Amicizia lo scorso giovedì 3 dicembre 2015 presso i Palazzo Municipale con la presentazione di Raffaele Bongallino e la partecipazione di don Vito Nuzzi. La vicenda è molto particolare, e ne ha parlato in dettaglio Paolo Spinelli in un libro dedicato. Personalmente ritengo che questa serie di eventi sarebbero perfetti per un adattamento in forma di rievocazione tra i vicoli e le piazze del centro storico. Ma vediamo cosa accadde a cavallo dell’Unità d’Italia…

Tra i protagonisti di tale vicenda vi fu il sergente borbonico Giuseppe Perniola.

Sergente Perniola, Archivio Paolo Spinelli
Sergente Perniola, Archivio Paolo Spinelli

Giuseppe Perniola nacque a Santeramo il giorno 11 febbraio 1827 da Luca Perniola e Angela Nuzzi, come indicato nel libro di Paolo Spinelli.

Dal 1854 faceva parte del corpo militare del Regno delle Due Sicilie, servendo il governo borbonico fino ad ottenere il grado di Secondo Sergente.

Alla morte di Re Ferdinando II di Borbone, il 22 maggio 1859 gli successe il figlio ventitreenne Francesco II di Borbone che sposò la diciottenne Maria Sofia di Baviera, sorella della Principessa Sissi. Il Regno delle Due Sicilie guidato da un Re così giovane fu un bersaglio appetibile.
Dal mese di luglio 1859 a Santeramo ricoprì l’incarico di sindaco il filoborbonico Orazio De Luca, confermato anche per l’anno seguente.
Giuseppe Garibaldi con i suoi uomini arrivò a Marsala l’11 maggio 1860. In questo periodo vennero istituite in ogni comune delle giunte e commissioni provvisorie. Contro i favori dei santermani dall’11 agosto venne incaricato Luigi Sava come nuovo sindaco. Intanto Garibaldi giunse a Napoli il 6 settembre.

Con la caduta del Regno Borbonico e l’impresa di Garibaldi che procedeva, il Reggimento 3° Btg. Cacciatori di cui faceva parte venne sciolto, e senza possedere alcun documento militare tornò a Santeramo. Era il 5 novembre 1860.

Dopo qualche settimana vi fu una serie di eventi che portarono Santeramo in una situazione di tumulto. Il 9 dicembre 1860 si diffuse la voce che il giovane Re Francesco II di Borbone, in ritirata davanti all’avanzata di Garibaldi, fosse tornato per continuare a regnare. I Santermani, filoborbonici, iniziarono ad assembrarsi per le strade del centro storico. Verso le ore 18:15 Giuseppe Perniola era a cena con la famiglia. A casa sua si presentarono Sante Stano e Michele Sansulli, i quali gli dissero di seguirli verso il corpo di guardia. Giuseppe Perniola era riluttante e non si spiegava la ragione di questa richiesta, ma alla fine insieme al fratello Francesco Perniola seguì i due. I simboli Savoia che erano presenti presso il corpo di guardia erano stati sostituiti con stemmi borbonici, con i quadri di Francesco II e di Maria Sofia di Baviera. Qui trovò soldati sbandati, con le loro armi, e chi aveva solo falcioni e scuri, comandati da Rocco D’Ambrosio, che gli disse di star seguendo gli ordini del Giudice Regio Luigi Dell’Uva, che però non era presente. Alla fine accettò di diventare capo della rivolta. I santermani disarmati che sostavano davanti al corpo di guardia chiesero al Sergente Perniola di essere armati. Il suo primo atto fu quello di mettere per iscritto quello che stava accadendo, in un messaggio rivolto al giudice Luigi Dell’Uva.

Accantonamento di Santeramo
Sgr
Mi onore a darmi conoscenza al di lei Superiore, io entro nel corpo di guardia questa sera, a pramo da lui li armi del nostro Sovrano francesco II
La prego di venire la Signria Sui, altrimenti mi manca […] armi e munizioni […] Giuseppe Perniola Sergente

Poco dopo il sergente incontrò il giudice a cui disse: “Io ho da Francesco II carta bianca; datemi tutte le armi colle buone o io agisco anche contro. Se non la facevate voi la rivoluzione l’avrei fatta io; io sono Francesco II“. Luigi dell’Uva dopo alcune parole di apprezzamento lo invitò alla calma e a non disturbare le famiglie più facoltose, ma la richiesta fu vana. Durante la notte i rivoltosi rastrellarono Santeramo in cerca di armi da requisire con la forza, gridando “Viva Francesco II! Viva Sant’Erasmo! Viva i liberali!” tra il suono delle campane e gli spari di mortaletti.

Per il giorno dopo, il 10 dicembre 1860, il sergente Giuseppe Perniola si adoperò per avere il consenso dal Sindaco e dal giudice Regio per chiedere poi all’Arciprete Matteo De Luca di fare una processione in paese. Il tutto venne organizzato con bandiere bianche, simbolo borbonico, con luminarie a olio e petrolio per le strade del paese, e con la banda musicale.

La festa venne però interrotta dalla notizia secondo la quale la guardia nazionale era in arrivo da Gioia per sedare la rivolta. I rivoltosi si spostarono in via Gioia, dove fu colpito a morte proprio il Giudice Regio Luigi Del’Uva. E da Altamura arrivarono i cannoni che erano pronti per sparare su Santeramo. Si dice che il cannone era già pronto al fuoco, ma si inceppò, e Santeramo non subì danni, questo, si dice, per intercessione di Sant’Erasmo. La rivolta venne così sedata, e i rivoltosi arrestati. I santermani, in segno di riconoscenza a Sant’Erasmo, fecero una richiesta formale in una lettera scritta in latino nel 1861 per istituire una seconda festa proprio per il 10 dicembre. Esattamente si tratta del “Decreto della Sacra Congregazione dei Riti” ritrovato presso l’archivio della Chiesa Sant’Erasmo e presentato in anteprima da don Vito Nuzzi proprio giovedì scorso.

Il Sergente Romano, Antonio Lucarelli, Palomar, 2003, p. 23

I contadini, capitanati dal sergente Perniola, inalberarono i vessilli borbonici, dan fuoco al corpo di guardia, bruciarono tra osceni schiamazzi l’effige di Garibaldi e Vittorio Emanuele; e per un’intera notte, fra il suono assordante delle campane, si aggiran per le vie, gridando: “Viva Francesco II! Viva Sant’Erasmo, nostro protettore! Abbasso i liberali!“. Accorrono le guardie nazionali della finitima Gioia del Colle; ma sono costretti a retrocedere dinanzi al grande numero dei ribelli. Nel breve conflitto cade al suolo, colpito da una fucilata, il giudice Dell’Uva, mentre s’incammina alla volta dei Gioiesi affine di metter pace fra le opposte schiere ed evitare una effusione di sangue fraterno. Le turbe reazionarie, imbaldanzite dai primi favorevoli successi, tornano a battersi con bravura contro una colonna di milizie civiche altamurane, sostenendo per quattro ore ininterrotte un fuoco vivo di fucileria; ma poi, spaventate dal rombo dei cannoni, disertarono la difesa e volgono le spalle, disperdendosi nei campi e nelle case.

Archivio provinciale di Bari, Processi penali di Corte di Assise, XVI, 14; XL, 2; XLI, 3. Archivio comunale di Gioia del Colle, Brigantaggio 1861

tratto e adattato da Il Sergente Romano, Antonio Lucarelli, Palomar, 2003, p. 23

In seguito il tribunale di Trani si occupò del processo ai ribelli, e dopo circa un’anno dai fatti, il 19 dicembre 1861 vi fu il verdetto di condanna per 25 rivoltosi, e per Giuseppe Perniola, condannato a 16 anni di lavori forzati.

Francesco Alberto Di Leone parla di Giuseppe Perniola nella sua poesia dedicata al Sant’Erasmo Invernale, in base a quanto veniva raccontato dai santermani e tramandato in forma orale

[…] U cäpendéste dla ggénde armäte de sckuppitte e dde falciune
jére Giuseppe Perniola,
ex sergente del Borbone.
[…] – Avande! – gredò u Sargénde –
Tutt’a ccummatte!! –
E tutte s’appustòrne vecine o cambesande,
prond’a ffä fuéche,
prond’a ffä nu passe nnande.

[…] u Sargénde murì ngalä;

Quell’ultimo verso afferma quindi che il sergente morì in galera. Si tratta solo di voci messe in giro da chi nutriva risentimenti nei suoi confronti o fu davvero così?

Questo non corrisponde alla realtà, dato che ci sono dei documenti che provano la sua attività fuori dalle carceri diverse decine di anni dopo i tumulti.

Atto di matrimonio del 1886 tra Giuseppe Perniola e Gaetana Natuzzi
Atto di matrimonio del 1886 tra Giuseppe Perniola e Gaetana Natuzzi

E’ stato solo il caso a farmi trovare un documento che lo riguarda. Mentre ricostruivo l’albero genealogico dei Natuzzi ho trovato un atto in cui compariva Giuseppe Perniola. Infatti tra gli atti di matrimonio del 1886, quindi un quarto di secolo dopo, il 22 maggio Giuseppe Perniola si sposò, tra l’altro con una donna molto più giovane di lui, Gaetana Natuzzi, una donna di casa di 28 anni, mentre lui ne aveva più del doppio, ben 59. In tale documento risulta anche che Giuseppe Perniola svolgeva la professione di bottegaro.

Famiglia Perniola - Natuzzi
Famiglia Perniola – Natuzzi

A questo punto è chiaro che non fosse più in prigione e che aveva ripreso una vita “normale”, rimanendo a Santeramo. Ho quindi scartabellato tutti gli indici degli atti di morte degli anni a venire, senza trovarlo… fino al 1918.

Atto di morte di Giuseppe Perniola nel 1918
Atto di morte di Giuseppe Perniola nel 1918

Ebbene è proprio in questo anno che si spense a Santeramo il 19 ottobre 1918 alla veneranda età di 91 anni (nell’atto si indicano 85 anni). Era residente in Via Gioia e aveva svolto la professione di operaio.

Fonti consultate

La sommossa del 1860 a Santeramo in Colle ed il processo ai ribelli, Paolo Spinelli, Edizioni del Liocorno, Fano, 1966
Il Sergente Romano, di Mario Guagnano
, Rocco Biondi, gennaio 2015
10 Dicembre 1860 Santeramo insorge al grido di “Viva S. Erasmo viva i Borboni”, Francesco Massaro
Il Sergente Romano, Antonio Lucarelli, Palomar, 2003, p. 23
La stòrje de Sand’Aràseme Vernine, Francesco Alberto Di Leone, 1987

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