UOMINI E COSE
Per un centenario.
Sei secoli or sono, al tempi del divino Alighieri, come il Sommo ci dice nel primo verso del suo poema, la media della vita era di settanta anni, e doveva esser sorprendente, anche allora, se un uomo avesse potuto raggiungere l’anno centesimo, se il sol soave avesse potuto salutarlo per ben trentasei mila volte.
Al tempi biblici si narra di patriarchi vissuti cinque, sei, sino a novecento anni; ma bisognerebbe vedere, se l’anno allora fosse costituito dalla luna, fosse cioè qualcosa meno di un mese; o dalle varie stagioni, cioè circa tre mesi. Certamente ai tempi nostri la media della vita è ancora più bassa di quella stabilita dal poeta divino, e vi sono paesi In cui supera di poco i cinquanta anni.
Ma di quando in quando qualche fenomeno di longevità si avvera anche ai tempi nostri, e, per non andar lungi, sono lieto di poterne citare uno nella persona del signor Nicola Maria Netti di Mola di Bari, padre al non mai abbastanza compianto Francesco Netti, onore delle Puglie, dell’Italia e dell’arte.
Domani l’altro, 8 ottobre, egli compie il suo centesimo anno, e la sua famiglia, che lo adora, e gli amici che lo venerano, gli preparano grandi festeggiamenti, ed egli, il venerando secolare, nel pieno possesso di tutte le sue facoltà intellettuali, pieno di buon umore e dl spirito, benché lievemente indebolito a la vista ed a l’udito, ne sorride con grande compiacenza, convinto che, data la vigoria del suo corpo, molti suoi genetliaci ancora dovranno festeggiarsi.
Ogni fenomeno di longevità, massime quando esso sia accompagnato da robustezza fisica e da lucidità e serenità intellettuale, ha bisogno di essere studiato.
Nicola Maria Netti nacque a Mola di Bari, patria del compianto Niccolò Van Westerhout, l’8 ottobre 1798, quando in Francia Incominciava a brillare la stella di Napoleone il grande, e la stella d’Italia non si sospettava nemmeno dovesse sorgere.
Nacque da Francesco Saverio Netti e da Giuseppa Rosa Pesce di ricca e nobile famiglia di Santeramo entrambi, Fin da bambino ei dovette soffrir molto delle tristissime condizioni politiche dell’Italia, e non aveva ancora due anni, quando, assalita la sua casa dalle bande dei Sanfedisti nel 1799, nella fuga precipitosa della povera madre, fu travolto, e portato via capovolto.
Fu educato a Napoli, dove studiò musica e disegno, ma, tornato a Santeramo, un avvicendarsi di sventure e di avventure gli fanno attraversare un periodo tristissimo.
A diciotto anni, nel breve spazio d pochi mesi, perde tre sorelle, ed è ricattato dai briganti. che richiedono dal padre una fortissima somma pel riscatto.
Ma egli non si impaurì mai.
Prese moglie a ventotto anni, ed ebbe numerosa prole, dieci figli, gran parte dei quali vivono sani e forti.
Occupò diverse cariche delicatissime, dove portò sempre un grande spirito di giustizia ed una serenità mirabile, sia come sindaco, sia come giudice, sia come consigliere provinciale; ma non lasciò mai di amministrare da se il suo vasto patrimonio, dando esempio di attività sorprendente e di calma meravigliosa.
A che cosa ei debba la sua longevità non saprei esattamente dire, o potrei dire, che la deve a la somma di tutte quelle virtù e quanti, cui informò la sua vita. Morigerato in tutto, beve pochissimo, ed ha sempre evitato abusi di liquori; non fuma, non annasa, ha rifuggito e rifugge dai bagni di mare. Lavoratore instancabile, non ha evitato il divertimento che ha, in ogni tempo e in ogni modo, posposto al suo dovere ed alla norma di sua vita. Ha lavorato col cervello e col corpo, memore che l’immobilità è causa di rovina.
Ma queste qualità fisiche da sole hanno contribuito alla sua longevità, non l’hanno determinata. Sono le qualità dello spirito che l’hanno, secondo me, determinata.
La serenità del suo spirito, proverbiale, non ha mai procurato alterazioni al suo sistema nervoso, ha impedito che una qualsiasi alterazione avvenisse nella circolazione del sangue e nella respirazione.
In questi tempi di nevrastenia, in cui gli organismi più forti sono logorati da ipersensibilità, da la morbosità de le passioni, da l’eccessivo lavorio intellettuale, valga d’esempio questo venerando, che, di fronte ai più gravi disastri, ha accettato il fatto compiuto, ed, anzi che logorarsi in rimpianti, si é adoperato serenamente a riparare i mali, con calma, con serenità, con buon umore.
Si ricorda di lui, ed egli talvolta lo ripete sorridendo, il seguente aneddoto.
Una sera al Circolo giocava al mediatore. Era il periodo della mietitura, ed egli aveva disposto, che l’Indomani si mietesse il grano delle sue terre.
Quando giunge il suo fattore (massaio) che, tremante e quasi piangente, gli dice: “Signore, è inutile pensare al ricolto, che la gragnuola ha distrutto completamente ogni cosa“. Si trattava di una perdita di circa cinquanta mila lire. Il Netti guarda il tremante fattore, e poi voltosi ai compagni di giuoco dice:
Beh! Non c’è che fare! — Faccio una sola, datemi il tre di denari
E continuò tranquillamente il giuoco.
Solo con tanta serenità di spirito si può vivere lungamente e bene, e questa tranquillità che al signor Nicola Netti ha fatto raggiungere il centenario, spero gli faccia compiere altri lustri.
Egli abbia intanto, col saluto dei parenti e degli amici, quello del Corriere delle Puglie.
Monos
tratto e adattato da Corriere delle Puglie del 05/10/1898, p. 1