Al manicomio per l’omicidio del padre

Gli acciacchi dell’età possono essere dolorosi e possono inficiare il rapporto che si ha con i propri parenti.
Oronzo Lassandro nacque nel 1860. A ventun’anni sposò Domenica Caponio.
Ebbero diversi figli, tra cui Maria Gaetana Lassandro, nata nel 1892.
Oronzo era arrivato a sessant’anni portandosi dietro i dolori dell’artrite. Ed era alquanto scorbutico con moglie e parenti.
Maria Gaetana e il padre si trovavano in campagna, in un fondo dove c’era anche una piscina, usata per conservare acqua da utilizzare per l’irrigazione dei campi e far eventualmente abbeverare gli animali di allevamento.
Era giovedì 20 maggio del 1920 e Maria Gaetana credeva di trovarsi da sola con il padre Oronzo.

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Corte d’Assise di Bari

Ieri, davanti la Corte d’Assise di Bari, presieduta dal cav. uff. Adolfo Forte; Pubblico Ministero il cav. Tozzoli; cancelliere Grima; comparve Maria Gaetana Lassandro, sotto la imputazione di avere in agro di Santeramo, il 20 maggio 1920, sommerso il proprio genitore Oronzo Lassandro in una piscina, a fine di ucciderlo con premeditazione, compiendo così quanto era necessario a produrre la morte del medesimo, che non avvenne per circostanze indipendenti dalla volontà dell’autrice; nonché di avere inferso a fine di uccidere, contro il proprio padre Oronzo due colpi di roncola alla regione anteriore del collo, che produssero lesioni donde derivò la morte.
Sostiene l’accusa che Oronzo Lassandro, sessuagennario ed infermo di artritismo veniva spesso a briga con le persone di famiglia, specie con la moglie e con la figlia Maria Gaetana, la quale anziché compatirlo, covava contro lo stesso odio, che degenerò nel proposito di ucciderlo, ed infatti, nel 20 maggio 1920, trovandosi ella nel fondo in contrada Montefreddo in agro di Santeramo, unitamente al padre, fingendo di esserle caduto in una piscina un fazzoletto, pregò l’altro di recuperarglielo, ma mentre l’Oronzo stava guardando nella piscina, la snaturata figlia gli diede una spinta facendolo cadere. Fortuna volle però che l’altro, arrampicandosi a talune pietre sporgenti riuscisse a salvarsi ma la Maria Gaetana, di ciò avvedutasi, con un’altra spinta, lo fece nuovamente ivi cadere. Se non che trovatosi a passare il contadino Nicola Giandomenico, la detta Maria Gaetana, fingendo che il padre fosse casualmente caduto nella piscina, lo pregò di aiutarla a trarlo a salvamento, ma, non appena esso Oronzo ne fu estratto, tosto si conquestò col Giandomenico della malvagità della figliuola perpetrata in suo danno.
Tal fatto non fu denunziato ad alcuna autorità, ma la Maria Gaetana Lassandro, spiacente di non essere in sì pravo disegno riuscita, pensò subito vendicarsi altrimenti, ed in capo a due giorni, rimasta sola in casa col genitore, si rinchiuse con costui, e, dopo averlo percorso reiterate volte sul capo, gli inferse due colpi di roncola alla regione anteriore del collo, recidendogli grossi vasi nonché la laringe, sicché quell’infelice dopo poche ore cessò di vivere. Scassinata quindi la porta, veniva ella sorpresa ed arrestata, mentre col ributtante cinismo lavava le sue mani lorde del sangue di quella vittima.
Dopo la costituzione della giuria il difensore avv. Rotondo chiese che il presidente ordinasse l’internamento della Lassandro in un manicomio criminale per accertare le sue condizioni mentali preesistenti ed attuali, non potendo fare stato la cartella clinica trasmessa dal manicomio di Aversa ove la Lassandro fu mandata per semplice osservazione e cura. Il P.M. avv. cav. Tozzoli chiese rigettarsi l’istanza della difesa giacché la Lassandro fu dichiarata dai psichiatri guarita.
Il presidente cav. Forte ritiratosi nella camera di deliberazione e dopo circa mezz’ora dette lettura della seguente ordinanza:

Poiché il ricovero nel manicomio della Lassandro avvenne posteriormente alla sentenza di rinvio a giudizio;
poiché nessun giudizio peritale nelle forme di legge venne dato a riguardo di essa Lassandro sul suo stato mentale all’epoca del commesso reato;
poiché è l’unico elemento del suo stato mentale dato dalla cartella clinica redatta il 30 Aprile 1922 in Aversa;
poiché è durante i 16 mesi del ricovero nel manicomio di essa Lassandro, come risulta dalla cartella clinica si accenna probabilità di malattia mentale;
poiché sullo stato mentale della Lassandro il procedimento tenuto non offre quelle garanzie volute dalla legge nell’interesse sia della difesa che della giustizia, per cui rendesse necessario che essa Lassandro venga sottoposta ad una regolare perizia psichiatrica per cui, tutelandosi i diritti della difesa, si assodi il suo stato di responsabilità o irresponsabilità totale o parziale all’epoca dei reati da lei commessi, assodando come la difesa chiede, i precedenti atavici, e lo stato psicopatico, epilettico, o idiozia precedenti al reato all’epoca del reato stesso,
per tali motivi ordina che Maria Gaetana Lassandro venga ricoverata in un manicomio criminale per essere sottoposta a perizia psichiatrica per rassodarsi quanto sopra si è detto.

In seguito di ciò la causa venne rinviata a nuovo ruolo.

tratto e adattato da La Gazzetta di Puglia, 31/01/1923, p. 2

Il primo tentativo di uccidere il padre facendolo affogare in una piscina fallì. Il caso volle che nelle vicinanze di trovasse Nicola Giandomenico che accorse a prestar soccorso ad Oronzo. Decisero di nascondere il fatto nella speranza di ripianare le tensioni. Ma così non fu e Maria Gaetana dopo 2 giorni colpì a morte il padre con un attrezzo tagliente, una roncola. Venne scoperta e arrestata.
Vi fu il processo e la difesa puntò sulla sua incapacità di intendere e volere. Venne condotta al Reale Manicomio della Maddalena di Aversa per esser sottoposta a perizia psichiatrica.

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Cronaca giudiziaria
CORTE DI ASSISE DI BARI
La grave condanna di una parricida

Ieri è finita avanti la Corte di Assise la causa a carico di Maria Gaetana Lassandro di anni 28 da Santeramo, imputata di un duplice e grave reato per avere, nel maggio 1920, sommerso il proprio padre Oronzo Lassandro in una piscina nella quale fu gettato novellamente dalla stessa figliuola, allorchè arrampicandosi cercava di salvarsi.
Oronzo Lassandro fu salvato da alcuni contadini che si trovarono a transitare nelle vicinanze del pozzo, ma dopo due giorni la triste sorte lo raggiungeva poiché la figliuola, ormai ostinata a sopprimerlo, lo uccideva a colpi di roncola recidendone la gola.
La Sezione di Accusa rinviò la Lassandro al giudizio della Corte di Assise, per rispondere di mancato parricidio premeditato con l’aggravante della sommersione e di parricidio premeditato.
La Lassandro confessò il reato commesso tentando di giustificarlo con diverse versioni, ma poscia finì con l’ammettere che il padre gli era venuto a noia per la vecchiaia ed i dolori reumatici di cui soffriva.
Inviata la Lassandro al manicomio di Aversa in esperimento, su perizie del prof. dott. Pietravalle fu riconosciuta sana di mente, anzi ritenuta simulatrice.
Ieri ha avuto il dibattimento di questo grave processo.
Ha sostenuto l’accusa il cav. uff. Cappuccilli che con eloquenza, erudizione ed acume giuridico ha esaminata la responsabilità dell’accusata dimostrando come dopo le sicure affermazioni delle perizie fosse preclusa alla difesa l’unica via di salvezza: il vizio capitale di mente. Ha rilevato la gravità della causa chiedendo ai giurati un esemplare verdetto di condanna.
Ha avuto poi la parola l’avv. Franco Blasi che debuttava nella causa, e che con perizia ed eloquenza ha sfruttato i pochi elementi a favore dell’imputata emergenti dal processo. Ha chiesto ai giurati un verdetto sereno ed umano.
Infine l’altro difensore avv. Rotondo, con brillanti discussione medico-legale ha combattuto i risultati della perizia fatta al manicomio, rilevando che reati come quelli di cui è accusata la Lassandro non possono essere commessi da persone normali. L’oratore ha discusso poi la teorica della continuazione, sostenendo infine che i due reati furono commessi con unica risoluzione criminosa, con più tentativi del delitto. Infine con eloquenza e dottrina ha discusso le aggravanti della premeditazione e della sommersione.
In seguito al verdetto dei giurati, che hanno accordato il beneficio dell’unica risoluzione criminosa, e le circostanze attenuanti generiche, escludendo l’aggravante della sommersione, il presidente cav. uff. Libonati, ha condannato la Lassandro a 30 anni di reclusione.

tratto e adattato da La Gazzetta di Puglia, 02/05/1924, p. 5

Fonti consultate

La Gazzetta di Puglia, 31/01/1923, p. 2
La Gazzetta di Puglia, 02/05/1924, p. 5

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