La storia delle Matine secondo i proprietari

Per secoli ci sono state zone della Murgia che sono state contese tra diverse parti. Ad inizio novecento la questione si è stabilizzata dopo una serie di rivolte popolari. A seguito di una di queste, di cui anche la Domenica del Corriere dedicò un’illustrazione nel 1907, venne pubblicata una lettera scritta dai proprietari terrieri che cercavano di spiegare i loro diritti, fornendo anche qualche preziosa informazione sulla storia del territorio di Santeramo partendo dal medioevo, in base a quelle che erano le conoscenze di allora.

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L’agitazione agraria in Puglia
Le polemiche sulla questione demaniale di Santeramo

La questione demaniale a Santeramo
Quel che dicono i proprietari

I proprietari di Santeramo c’inviano quest’altra lettera che pubblichiamo:

Santeramo 26.
Egregio Sig. Direttore,
Ora che gli atti arbitrari di Santeramo hanno interessato tutta la stampa, permetta che si sappia, a mezzo del suo pregiato giornale, la vera storia retrospettiva dei terreni alla contrada Matine.
Brevemente esponiamo i fatti come risultano dagli atti, senza tema di essere smentiti.
Molto innanzi al 1341 in quella contrada, che faceva parte del così detto Agro materano, si erano formate delle masserie di campo possedute da particolari cittadini. I giustizieri e i terragieri di Matera arrecavano tali angarie e molestie che la regina Caterina d’Angiò, con diploma del 27 agosto 1311, disciplinò i balzelli, che per fida e terragiera dovevano pagarsi al fisco.
Il Re Ladislao con diploma del 10 maggio 1406 rilasciò quello che si pagava al fisco dai santermani per il pascolo delle erbe e per l’uso dell’acqua, comuni le une e le altre ai materani. Nulla disse riguardo ai terreni a semina. Dispute sursero tra i santermani per tale comunione di pascoli, che ebbero termine con un concordato, in virtù del quale si assegnarono a Santeramo 1500 tomoli di terreni erbosi, rendendoli liberi dalla comunione.
Nel 1410 lo stesso Re Ladislao vendè a Santeramo con tutti i suoi territorii, pertinenze e diritti al condottiero d’armi Bucio Tolomei da Siena, dal quale ebbe origine la casa Caracciolo di Santeramo. Il feudatario si sentì in diritto di riscuotere la fida e la terragiera, che per lo innanzi si riscuoteva dal Sovrano.
Lunghe dispute vi furono al riguardo ed è notevole che nelle liti col feudatario l’Università di Santeramo affermò e provò nel 1587 che le masserie e gli altri possedimenti nelle Matine erano di particolare dominio perfettamente liberi, che si affittavano, si vendevano, si comperavano ed erano in commercio come cose proprie dei rispettivi possessori.
La lite si trascinò fino all’abolizione della feudalità. La Commissione feudale, con una prima decisione del 3 luglio 1808 decise che il marchese di Santeramo si astenesse dall’esigere la decima, assolvendolo però dagli arretrati. E con una seconda decisione 2 novembre 1809 decise che restassero in proprietà dei possessori i territorii alberati, che le mezzane e le ditese si fossero messe in comunione per dividersi fra i cittadini, eccetto quelle che avessero un titolo particolare di acquisto.
Tale decisione fu messa in esecuzione. Fu applicato il canone sui parchi e sulle mezzane e difese giustificate da titoli di acquisto: furono reintegrate al Comune le mezzane non giustificate ed i tomoli 1500 oggetto della transazione con Matera, demanii che in seguito furono quotizzati tra i cittadini di Santeramo.
L’illustre Domenico Acclavio, che eseguiva la decisione della Commissione feudale, per non lasciare adito a future dispute, pur vedendo chiaro che l’abolizione della decima sui terreni sativi fu dalla Commissione feudale disposta a favore dei possessori dei terreni, come sempre era stato deciso in consimili casi, volle prendere l’avviso dal procuratore generale della Commissione feudale, delegato dal Re con decreto 3 luglio 1810 a risolvere tutti i dubbi sulla interpretazione delle decisioni della commissione e l’esimio giureconsulto Davide Winspeare risolvendo il dubbio, disse che i terreni sativi alle Matine erano divenuti liberi presso coloro che li possedevano, non potendosi sostituire il Comune nelle prestazioni abolite a favore dei possessori.
E già il governo, con ministeriale 22 febbraio 1812, prescrisse: “Il fine liberale della legge, secondato esattamente dalla Commissione, è quello di rendere libere le terre nelle mani dei possessori, non già di trasferire ai comuni le prestazioni vietate ai baroni“.
L’Intendente Dumas, che successe all’Acclavio, riportò nel ragionamento dell’ordinanza, che emise il 12 maggio 1812, le ragioni per le quali le terre sative alle Matine non si assoggettavano a canone, ma nulla consacrò per esse nella parte dispositiva.
Se ne gravò il comune e la Gran Corte dei Conti, con decisione 1 giugno 1824, approvata sovranamente nel 1830, in quanto alle terre seminali così decise: “Dichiararsi non luogo a deliberare sulla parte del reclamo relativo alle terre seminali, salvo agl’interessati di provvedersi come di diritto innanzi all’Intendente della provincia“.
Fu così che il decurionato, a 18 dicembre 1833, deliberò: “Pregare il signor Intendente ad emettere la sua ordinanza per lo stabilimento di un canone sulle terre seminali delle Matine coltivate ed occupate da particolari“.
Dopo le debite istruzioni e regolare giudizio in contraddittorio del Comune, l’Intendente della provincia, qual commissario ripartitore, che per le leggi del tempo ed in ispecie per il decreto 27 dicembre 1811 era chiamato a risolvere tutte le controversie sull’esecuzione delle sentenze della Commissione feudale, con ordinanza del 28 marzo 1848, previi diffusi e dotti ragionamenti, così decise:
Rigettarsi la domanda del Comune, spiegata nelle deliberazioni decurionali del 18 dicembre 1833 e 1835, quanto alla esibizione dei titoli ed alla fissazione del canone alle terre seminatorie alle Matine nell’agro materano, dichiarandole proprietà libere in favore degli attuali possessori (seguono tutti i nomi)“.
Tale ordinanza, sull’istanza di tutti i possessori fu notificata al Comune a 24 aprile 1843 e non solo fu prodotto contro di essa alcun gravame, ma con apposito deliberato decurionale, preso ad unanimità, fu accettata, ponendo così termine ad una lite che lasciava fuori dell’Amministrazione comunale i più cospicui cittadini.
Dopo 53 anni, cioè nel 1896, volendosi abbattere l’amministrazione del comm. de Laurentiis, si fece agitare il popolo con pretensioni demaniali. Il Prefetto della Provincia, comm. Colmayer, su richiesta del Consiglio comunale, mandò un commissario nella persona del cavalier Rottondo, consigliere di prefettura, il quale studiati gli atti, fece una relazione a stampa con la quale conchiuse: “In virtù di giudicati irrevocabili non è ammissibile alcuna azione nè petitoria nè possessoria contro i proprietari di terreni alle Matine, nè può richiedersi ai medesimi pagamento di canone“.
Ciò nonpertanto il Prefetto, credendo di eliminare definitivamente ogni agitazione popolare per i terreni alle Matine, nominò commissario l’illustre specialista avv. Enrico Ciardulli, il quale dopo accurato esame, con altra relazione a stampa del 20 aprile 1899, concluse: “Che niun dritto vi è a sperimentare da parte dell’Università sulle terre seminabili alle Matine, le quali sono proprietà libere di coloro che le posseggono“.
Dopo ciò tutto rientrò nella calma e tutti si convinsero che i fondi alle Matine erano proprietà private, allibrate per giunta nell’onciario del 1752, allibramento che, come è noto, è prova di proprietà ed esclude la demanialità.
Non facciamo apprezzamenti sull’origine e sui fini dell’attuale agitazione. Certo non può essere in buona fede il Giampetruzzi, quando per illudere i buoni e laboriosi contadini di Santeramo ha turbato la loro mente fino a spingerli ad atti rivoluzionari ed a metterli fuori legge, facendo loro credere che l’Intendente del 1848 fu corrotto dai possessori, ricevendo 17 mila ducati e che donò ai detti possessori quei terreni che appartenevano al popolo.
In vista dell’attuale agitazione, il com. Buganza, che così degnamente regge questa importante Provincia, volle pure fare esaminare le pretese, che si ventilavano, dal consigliere cav. Malato, competentissimo in materia demaniale, il quale con relazione che fu comunicata al Comune, venne nelle medesime conclusioni del Rottondo e del Ciardulli, cioè che niuna azione vi era da sperimentare contro i possessori delle terre alle Matine.
L’eccitamento all’odio di classe, le violenze che si usano per togliere ad onesti cittadini i loro averi, quando la proprietà, per lo Statuto del Regno, è inviolabile e tutti gli atti di violenza che paralizzano la vita economica e quella agricola di questo comune, sono di una anormalità assolutamente eccezionale e noi abbiamo fiducia che il governo prenderà energiche misure per far terminare questo stato di anarchia.

I proprietari delle Matine di Santeramo

tratto e adattato da Corriere delle Puglie del 28/09/1907, p. 1

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Fonti consultate

Corriere delle Puglie del 28/09/1907, p. 1

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