I disordini del 1897

Santeramo nei secoli scorsi ha dovuto lottare per poter utilizzare i terreni che la circondano. In particolare il territorio delle Matine, in direzione di Matera, è stato quello su cui ci sono state più contrapposizioni. Nel 1897 ci fu una delle tante dimostrazioni di protesta, con l’arrivo in città di truppe di soldati per sedare i disordini. Che andarono comunque avanti ancora per parecchi anni fino ad inizio XX secolo, tra occupazioni di terreni e carte processuali. Dell’argomento se ne è interessato ampiamente Vito Tangorra che ha dedicato alle lotte demaniali un libro intero. E successivamente vediamo anche come il Corriere delle Puglie ha riportato in particolare i fatti del gennaio 1897.

Corriere del Pomeriggio del 19/01/1897, p. 2
Dimostrazioni a Santeramo in Colle

Bari. – Ci scrivono: 17 gennaio:
Nel grosso comune di Santeramo l’ordine pubblico è seriamente turbato.
Dall’ultima elezione generale amministrativa quel Comune non ha avuto più pace; i contadini vogliono le ripartizioni demaniali.
A capo dell’agitazione vi è un prete Giuseppe Ciliberti, che trovasi presidente di una Società operaia, e che l’altro giorno seguito da più di un migliaio di contadini, tra le grida di abbasso il Municipio e Viva il Re scorrazzava nelle vie della città.
Il prefetto ha inviato a Santeramo un contingente di truppa ed un rinforzo di carabinieri.

tratto e adattato dal Corriere del Pomeriggio del 19/01/1897, p. 2

Corriere delle Puglie del 19/01/1897, p. 3
Disordini a Santeramo

Ieri mattina a Santeramo circa 400 contadini si portarono sotto il palazzo municipale, minacciando d’incendiarlo e di attentare alla vita del sindaco e dei consiglieri comunali.
Un telegramma rese edotto del fatto il nostro prefetto comm. Colmayer, il quale s’affrettò a mandare sul luogo l’ispettore cav. Caruso con agenti subalterni, 2 compagnie di soldati composte di 260 uomini con 9 ufficiali, ed il capitano dei RR. CC. signor Moccia con 7 militi.
Non sappiamo se siano avvenuti ulteriori disordini. Domani daremo i particolari.

tratto e adattato dal Corriere delle Puglie del 19/01/1897, p. 3

Corriere delle Puglie del 20/01/1897, p. 3
Per i disordini di Santeramo

Dietro ordine dell’autorità di P.S. vennero arrestati in Santeramo i promotori dei disordini, che sono: sacerdote Giuseppe Ciliberti, presidente della Società Operaia; Michele Natuzzi, Giovanni Ferrulli, Pietro Nitti, Giuseppe Rapa, Michele D’Ambrosio e Pasquale Leo. Ci si assicura che verranno operato altri arresti.
Ieri mattina il nostro prefetto ricevette l’intera Giunta municipale di Santeramo, ed assicurò loro presi energici provvedimenti perchè l’ordine pubblico nel loro paese non venga più turbato.
Intanto gli uffici municipali, che erano rimasti chiusi per ordine del Sindaco, hanno ripreso le loro funzioni, ed i consiglieri dimessisi hanno ritirato le dimissioni..

tratto e adattato dal Corriere delle Puglie del 20/01/1897, p. 3

Corriere della Sera del 21/01/1897, p. 2
Altri gravi disordini. Un prete arrestato.

Bari. – Telegrafano alla Gazzetta del Popolo:
A Santeramo in Colle si ripetono i disordini. Parecchie migliaia di dimostranti asserragliarono il palazzo municipale gridando a morte e minacciarono di incendiare il Municipio.
Il prefetto spedì immediatamente un rinforzo di truppa, che ricondusse la calma, permettendo agli amministratori assediati la libera uscita.
Si eseguirono molti arresti, fra cui quello del sacerdote Giuseppe Ciliberti, presidente della Società operaia.
Trovansi a Santeramo il Procuratore del Re, il giudice istruttore e l’ispettore capo.

tratto e adattato dal Corriere della Sera del 21/01/1897, p. 2

Corriere delle Puglie del 21/01/1897, p. 3
I disordini.

Santeramo 20.
S.P.) Dopo le sommarie notizie inviatevi intorno ai disordini qui avvenuti lunedì scorso, è necessario ch’io riprendessi la penna per parlarvi delle cause che li hanno creati.
Sin da quando il partito attualmente al potere assunse l’amministrazione, l’opposizione pose ogni suo studio nel ricercare ogni motivo che valesse ad intralciare il retto funzionamento del Comune.
Faute de mieux, l’opposizione volle esaltare le passioni popolari, e sin dall’aprile scorso fece correre accuse di usurpazioni di beni comunali contro il Sindaco e molti consiglieri comunali.
Il Prefetto della Provincia, di fronte a tali denunzie, incaricò il Consigliere di prefettura cav. Rotondo di studiare la questione dei demani di Santeramo, dietro visione di tutti gli atti esistenti qui e presso cotesta Prefettura; e di determinare quali e di quale natura fossero le usurpazioni denunziate. Il lavoro fatto dal cav. Rotondo con quella esattezza e scrupolosità che tutti gli riconoscono, fu lungo e difficoltoso, e la relazione conchiuse escludendo qualsiasi usurpazioni da parte del Sindaco o di altri consiglieri. Tale relazione venne stampata e distribuita, a cura della Prefettura, a molti cittadini di Santeramo, specie ai maggiorenti dell’opposizione.
Nessun ricorso venne presentato contro le conclusioni dell’inchiesta Rotondo, le quali conclusioni, accettate dal Prefetto, dettero campo a tre provvedimenti, cioè:
Studio sui terreni da quotizzare;
Perizia sulle usurpazioni attribuite al Marchese di Santeramo;
Citazione per tali usurpazioni contro il citato Marchese.
Pel primo capo, venne nominata una Commissione composta dal Sottispettore forestale Orgitano, dal cav. ing. Vittorio Chiaia e dal consigliere provinciale cav. Sabino Limongelli.
Questa Commissione, peri tempi andati sempre pessimi, non potè accedere in campagna; ma dietro le insistenze del Prefetto, che voleva veder terminata una ragione di dissidio, causa di gravi torbidi in paese, la Commissione, nella scorsa settimana, venne qui e visitò i terreni, sui quali doveva vertere lo studio, se cioè fossero adatti, quotizzandosi, alle colture intensive abituali del nostro territorio. Terminata la visita – e ciò prima delle dimostrazioni, è bene notarlo – la Commissione ne ha formulata la sua relazione e sappiamo che è stata già depositata in prefettura.
Pel secondo capo, venne ordinata una perizia geometrica sui beni usurpati dall’amministrazione della Casa Marchionale, e tale perizia prosegue regolarmente il suo corse, e quasi ha raggiunto pure il suo termine.
Pel terzo capo, il Comune di Santeramo ha dato incarico al valoroso avvocato Di Scanno, di Trani, di spiccare citazione contro il Marchese di Santeramo pel rilascio dei beni del Comune da lui indebitamente ritenuti. L’avv. Di Scanno non ha potuto spiccare tale citazione, perchè mancavano alcuni documenti; il Comune si sta affrettando a farglieli pervenire ed anche questo terzo capo della esauriente relazione Rotondo e dei conseguenti ordini prefettizi viene ad essere convenientemente adempito dall’autorità municipale.
Si è fatto in altri termini tutto ciò che la legge imponeva, tutto ciò che veniva ordinato dall’autorità tutoria.
Ma questo non è garbato alla opposizione, che anzi è stato causa di darle maggior interesse a creare nuovi imbarazzi, e non potendo battere le vie della legge, che le erano precluse, tentò quelle della violenza.
Di qui i fatti avvenuti, di qui i disordini, malgrado la presenza qui di un distintissimo funzionario della vostra Questura, il delegato Chirico e di una compagnia di truppa. Oggi siamo in vero stato di assedio con QUATTRO compagnie di fanteria, Ispettore di P.S. e agenti, Procuratore del Re e Giudice istruttore. Poichè questi due ultimi stanno istruendo con la massima attività il processo pei disordini avvenuti.
Basti dire, che essendo rimasto deserto il Palazzo Comunale, esso venne chiuso: la folla pretendeva che si fossero apposti i suggelli; ma le autorità giustamente si ricusarono.
Ieri gli assessori si recarono costà; al ritorno iersera si fermarono a Gioia, rientrando stamattina in paese per non creare ragioni a nuove agitazioni.
Ecco la storia spassionata dei fatti, e la storia non si può smentire.

tratto e adattato dal Corriere delle Puglie del 21/01/1897, p. 3

Corriere delle Puglie del 24/01/1897, p. 3

Echi dei disordini di Santeramo

In seguito ai disordini avvenuti in Santeramo il giorno 18 andante, con Decreto emanato dal Prefetto della Provincia comm. Colmayer, in data di ieri l’altro, è stata sciolta quella società operaia, dal titolo Fratellanza Popolare di cui era presidente il prete Ciliberti, che ora trovasi arrestato.
Sappiamo che ieri detto Decreto venne messo in esecuzione dal Delegato di P.S. Chirico, che trovasi colà, senza verificarsi alcun incidente

tratto e adattato dal Corriere delle Puglie del 24/01/1897, p. 3

L'agro materano di Santeramo, Vito Tangorra, Edizioni Levante, Bari, 1983, p. 78.79

Le questioni demaniali

Nel mese di gennaio 1897 un nuovo delegato, Giosafatte Chirico, fu inviato e si trattenne altri 17 giorni e subito dopo ancora truppe del 44° Reggimento Fanteria, che si trattennero dal 18 gennaio al 28 gennaio 1897 presso l’ex Convento.
Santeramo-MatineLa sommossa era stata originata – continua la sentenza – dalla sola ed unica divulgazione speciosa di Michele D’Ambrosio, che vi fosse in agro di Santeramo e nella plaga più fertile denominata Le Matine, una estensione di dodicimila tomoli [circa 37 km2, NdR] di terre demaniali, che si apparterrebbero ai non abbienti, ma delle quali non si poteva procedere alla divisione, essendo esse usurpate dai proprietari componenti la maggior parte, precisamente, l’Amministrazione Comunale. Assicuravano i Caporizzi, D’Ambrosio, Tritto, Ciliberti ed altri, che non appena essi fossero saliti al potere la ripartizione delle terre si sarebbe effettuata senza altre formalità e a dimostrazione della sicurezza di tale evento, il D’Ambrosio portava, sempre in tasca, un grosso fascio di documenti, che a suo dire rappresentavano appunto i dodicimila tomoli di terre agognate“.
Il 9 marzo 1897 Sindaco e Giunta rassegnarono le dimissioni ed il 16 aprile fu inviato il Commissario avv. Giovanni Antonio Corrias. “Questi – dice la sentenza – non che pensare a persuadere le menti esaltate dei proletari sulla realtà delle cose, si lasciò anche egli trascinare dalle illusioni, che ingannavano i proletari stessi fino al punto che si mise in conflitto collo stesso Prefetto e col consigliere Rotondo“, facendo proprio un esposto di Pietro Tritto di Michele e parecchi altri cittadini di Santeramo e presentandolo al Prefetto, ma questi con sua decisione del 27 luglio 1897 rigettò la domanda del Comune.

tratto e adattato da L’agro materano di Santeramo, Vito Tangorra, Edizioni Levante, Bari, 1983, p. 78.79

Corriere delle Puglie del 15/07/1897, p. 3

Corriere Giudiziario
Tribunale Civile e Penale di Bari

E’ incominciata innanzi alla terza sezione del nostro tribunale l’importante processo a carico dei 44 cittadini di Santeramo, trascinati innanzi alla giustizia a rispondere di parecchie imputazioni; e precisamente tutti dei reati previsti dagli articoli 188 e 189 C.P.; i primi tre inoltre della contravvenzione all’art. 1 della legge di P.S., l’8°, il 9°, il 10° e l’11° del delitto previsto dall’art. 154 C.P. l’8° ed il 9°, inoltre del reato di cui all’articolo 190 C.P. come pure della stessa imputazione il 6°, il 7°, ed il 12° e quest’ultimo infine, ancora del reato previsto dagli articoli 372 e 200 C.P.
Il fatto che dette origine alla causa noi lo riportammo a suo tempo nelle colonne del nostro giornale. Lo ripetiamo ora esclusivamente perchè i lettori possano ricordarne bene i particolari.
La mattina del 18 gennaio ultimo scorso i contadini di Santeramo erano raggruppati nei pressi della piazza in attesa di essere da qualche proprietario assunti al lavoro della giornata, quando veggono giungere nell’Omnibus il sottoprefetto del circondario di Altamura, il quale si recava alla volta del municipio per procedere ad alcune constatazioni.
Occorre premettere come da parecchio tempo gli animi dei proletari di Santeramo erano esasperati pretendendo la quotizzazione dei beni demaniali.
Propagatasi in un istante la notizia dell’arrivo del Sotto-prefetto, fu progettata istantaneamente una dimostrazione all’unico scopo di manifestare a quel funzionario il malcontento e la sfiducia dei cittadini verso gli amministratori,  e quindi per chiedere lo scioglimento del consiglio e la nomina di un commissario regio.
Avvertita di ciò la forza pubblica, ne furono immediatamente sguinzagliati gli agenti, i quali diretti dal delegato, cominciarono ad opporsi alla manifestazione.
Di qui delle grida di abbasso all’autorità municipale, e di evviva al Sotto-prefetto, nonchè le richieste che da mille bocche partiva, di volere cioè chiuse e suggellate le porte del municipio.
Per due volte una commissione della popolazione si recò dal Sotto-prefetto per esporre le ragioni dei proletari, e la giustezza delle loro richieste; ma le grida non finirono, sicchè per misura prudenziale quel funzionario credette opportuno far chiudere gli uffici comunali e dire alla popolazione che era stata accontentata. E perdurando ancora il tumulto, il delegato di pubblica sicurezza fece dare le tre intimazioni di legge alla folla perchè si sciogliesse, cosa che questa fece non appena il distinto capitano Zappetti, comandante le truppe ivi mandate appositamente per l’agitazione demaniale con buone maniere persuase i dimostranti.
Nella notte del 18 al 19, cominciarono gli arresti.
Questo è il processo a grandi linee.
La prima udienza è stata tutta impiegata negli interrogatori degli imputati e della udizione del carico.
Si son sentiti anche alcuni testi di discarico rinviandosi il resto a domani stante l’ora tarda.
Sostiene l’accusa il sostituto procuratore del Re avv. Santoro, e ai banchi della difesa seggono gli avv. Caporizzi di Santeramo, Scipione Bovio, Pappagallo, Palasciani, Guarnieri e Bavaro di Bari.

L’udienza di ieri si spese tutta nello espletamento del testimoniale a discarico e nella discussione della causa.
Il P.M. sostituto procuratore del Re Santoro, ha sostenuto l’accusa per tutti, escludendo solo l’imputazione derivante dagli articoli 154, 372 e 200 codice penale ed ha chiesto al tribunale la pena di un anno di reclusione per il prete Ciliberti, 45 giorni di reclusione per ciascuno degli imputati Pasqualicchio, Leo, Forese, Natuzzi e Lanzolla, e per tutti gli altri un mese di reclusione, chiedendo ancora fossero prosciolti il dott. Simone per inesistenza di reato, i fratelli Tritto e Di Bello per non provocata reità-
Si alza per primo della difesa l’avvocato Caporizzi di Santeramo, il quale con forza di argomentazioni ha dimostrato la legalità della richiesta ripartizione dei beni demaniali, ed ha tratteggiato la causa nelle sue linee generali soffermandosi sulla causale.
Si leva poi il giovane avv. Scipione Bovio, il quale con grande sicurezza e con un’efficacia degna di chi ha lunga pratica nelle discussioni forensi, nonostante facesse in questa causa le sue prime armi, ha dimostrato ampiamente come i fatti svoltisi il giorno 18 gennaio non dessero luogo a nessuna conseguenza penale.
Ha preso di poi la parola il giovane avv. Pappagallo, che ha dimostrato la mancanza di prove delle imputazioni speciali che l’accusa addebitava a vari imputati, come innanzi si è detto.
Compendio felicissimo delle precedenti arringhe sono state quelle degli oramai abbastanza conosciuti ed apprezzati avvocati Guarnieri e cav. Bavaro, i quali con fascinante parola hanno dimostrata l’inapplicabilità delle sanzioni penali al fatto del 18 gennaio, ed hanno con maestria tratteggiato le principali figure della causa avendo delle giuste ed acri parole di sdegno e di disprezzo verso i sobillatori e gonfiatori di questo processo.
Il Tribunale accogliendo in parte le conclusioni della difesa, riteneva soltanto per 5 dei 44 imputati, sussistente il reato speciale di resistenza alla forza pubblica, condannandoli alcuni a 15 e gli altri a 25 giorni di reclusione, prosciogliendo il resto degli imputati dalle diverse imputazioni di cui erano chiamati a rispondere.

tratto e adattato dal Corriere delle Puglie del 15/07/1897, p. 3

Fonti consultate

L’agro materano di Santeramo, Vito Tangorra, Edizioni Levante, Bari, 1983, p. 78.79
Corriere del Pomeriggio del 19/01/1897, p. 2
Corriere delle Puglie del 19/01/1897, p. 3
Corriere delle Puglie del 20/01/1897, p. 3
Corriere della Sera del 21/01/1897, p. 2
Corriere delle Puglie del 21/01/1897, p. 3
Corriere delle Puglie del 24/01/1897, p. 3
Corriere delle Puglie del 15/07/1897, p. 3

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