Il bandito dal grilletto facile, Vituccio Servodio

La storia meridionale dell’ottocento è ricca di fatti riconducibili a banditi e briganti, individui che hanno cercato di farsi spazio senza voler sottostare alle regole dell’Italia unita. Se Gioia ha come simbolo il Sergente Romano, e Santeramo ha avuto il Brigante Senzafegato, la vicina Cassano lega il suo nome a quello di Vituccio Servodio, il “bandito dal grilletto facile“.

Partiamo conoscendo prima i suoi genitori, Francesco Servodio e Maria Giuseppa Ciccarone, sposatisi a Cassano il 29 maggio 1857. Si tratta del secondo matrimonio per Francesco Servodio, dato che perse la prima moglie poco tempo prima.

Dall’atto di nascita scopriamo che Vito Servodio è nato a Cassano il 28 ottobre 1858 e non il 28 settembre come riportato erroneamente su altre fonti. Francesco Servodio era un paretaio, cioè si occupava dell’innalzamento delle pareti, i muri a secco che delimitano i campi e le strade di campagna.

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Atto di nascita di Vito Servodio

Vito era chiamato “Vituccio” dai sui concittadini. Cassano a fin ottocento era abitata da soli quattromila abitanti, una piccola realtà in cui tutti si conoscevano e imparavano ben presto a difendersi in un periodo di violenza. Si dice che gli fu insegnato a tenere in mano una pistola a soli quindici anni.

Ben presto iniziò a macchiarsi di reati.

Il giornalista del Corriere delle Puglie, negli articoli che trascrivo in seguito, riferisce inizialmente che Vito Servodio abbia ucciso nel 1878 un tale Raffaele D’Ambosio, riportato come sindaco di Cassano. Il tutto viene smentito da alcune lettere pubblicate sullo stesso quotidiano nei giorni seguenti.

Ho cercato tra gli atti di morte ed in effetti ho trovato quello relativo a Raffaele D’Ambosio, deceduto alle 3:30 di notte del 16 novembre 1878. Si legge chiaramente la professione da lui svolta, legale, e il fatto che fosse una persona in vista si nota dal fatto che l’età al decesso viene specificata non solo con gli anni ma anche con mesi e giorni. Suppongo che Raffaele D’Ambrosio fosse comunque molto in vista all’epoca.

Atto di morte di Raffaele D'Ambrosio
Atto di morte di Raffaele D’Ambrosio

Lui stesso si dichiarò colpevole e si vantò di aggressione a mano armata a scopo di rapina nei confronti di V. Domenico Capozzolo. Uccise il suo bestiame, scannando un intero gregge di vacche e pecore. Inizialmente la Corte d’Assise lo condannò a 25 anni di lavori forzati, poi ridotti nel 1885 dalla Corte d’Appello a 15 anni e 8 mesi di sorveglianza speciale.

Uscì dal carcere intorno al 1898.

Il 16 maggio del 1900 uccise a tradimento in pieno giorno nel centro di Cassano il suo giovane cugino di 23 anni Tommaso Ciccarone per odio contro il padre di costui, zio materno di Vito Servodio. A questo punto si diede alla latitanza.

Si parla dell’omicidio di Antonio Petrone avvenuto ad agosto 1900. Vito Servodio sospettava che avesse denunciato il suo luogo di rifugio ai Carabinieri. Lo uccise con 3 colpi di moschetto alla presenza della moglie di costui. Cercando tra gli atti di morte di Cassano, Acquaviva e Santeramo non ho trovato tale nominativo.

Il mese dopo, il 16 settembre 1900, si strinse il cerchio intorno a lui, e fu trovato nella Masseria Pantalone, al confine del bosco di Mesola tra Cassano e Santeramo, dove si nascondeva. Cercò di scappare fino all’ultimo, esplodendo anche dei colpi contro i suoi inseguitorì, che non esitarono a rispondere al fuoco. E questo gli fu fatale. Il bandito Vituccio Servodio morì a 42 anni.

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Vediamo ora come riportò l’accaduto il Corriere delle Puglie, in un puzzle completato dalle missive dei lettori.

Corriere delle Puglie del 18/09/1900, p. 2

Cassano Murge 17. – Ieri in un conflitto con i Carabinieri e guardie campestri rimase ucciso in contrada Pantalone il famigerato assassino Vito Servodio, che era divenuto il terrore delle campagne di Cassano Murge.
Il Servodio, che esordiva con l’assassinio del D’Ambosio, rimanendo impunito per deficienza di prove, mentre dopo il verdetto della Corte di Assise se ne vantò autore, fu nel 1885 condannato a 15 anni di reclusione per grassazione e per aver scannato un intero gregge di vacche e pecore.
Scontata la pena, ritornò in patria nel 1898 e per i primi mesi simulò di dedicarsi al lavoro.
Nel maggio ultimo si ridestarono i suoi istinti sanguinari ed uccise di pieno giorno nel centro nel paese a tradimento il suo giovane cugino Ciccarone per odio contro il padre di costui.
Si diè quindi alla latitanza. In agosto commise altro omicidio in persona di Antonio Petrone; e nella latitanza perpetrò moltissimi ricatti.
Il paese, che trepidava sotto le minacce di questa belva, si sente ora sollevato.
Sono stati intanto arrestati 6 favoreggiatori.
Mando i particolari

tratto e adattato dal Corriere delle Puglie del 18/09/1900, p. 2

Nell’articolo che segue viene fatto il nome di Francesco Servodio come zio del bandito.  Tuttavia Francesco Servodio si chiamava il padre, per cui o si trattava del padre oppure di uno zio di cui è riportato un nome errato.

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IL BRIGANTE SERVODIO UCCISO
(nostra corrispondenza)
Cassano Murge 17.
Giuseppe Capriati. Eccovi maggiori particolari sull’uccisione del famigerato Servodio che ha fatto parlare di se anche troppo da qualche tempo.
E’ questi quel bandito che, dopo avere quasi vent’anni or sono, assassinato il sindaco di Cassano di quell’epoca, signor Raffaele D’Ambrosio, scontata la pena, era da due anni tornato dal carcere.
Pare che, dopo essersi rivolto parecchie volte a coloro che, a quanto egli diceva, a suo tempo lo avevano spinto al delitto, per avere il premio promessogli, dietro il diniego di costoro si fosse deciso quattro mesi or sono ad ammazzare tal Tommaso Ciccarone, e subito dopo si rese latitante. Perseverando ancora nei suoi disegni di vendetta, quasi un mese fa uccise un secondo individuo certo Antonio Patroni, il quale credesi fosse d’accordo con la locale autorità di pubblica sicurezza, per consegnarlo nelle sue mani.
Questi fatti, insieme ad altre minaccia di morte contro altri individui, avevano generato tale orgasmo nella popolazione di Cassano da far impensierire seriamente chi s’avventurava per questi luoghi.
Fu disposto un attivissimo servizio di perlustrazione, ma fino ad oggi tutto era riuscito vano. Faceva pena vedere i poveri carabinieri uscire dalla caserma in tutte le ore e percorrere la campagna per ritornare poi, dopo un lavoro inumano, senza conchiudere nulla.
Si leggeva sul volto degli abitanti, lo scherno ed il dileggio, quando i poveri vigili tornavano in caserma. Finalmente ieri, mentre il popolo di Cassano, in piazza tumultuava per i fatti demaniali, ad un tratto, il brigadiere di questa stazione di carabinieri che trovavasi in piazza per sedare il tumulto, fu avvisato da qualcuno che Servodio trovavasi in una località che gli fu indicata. Immantinenti senza più badare al tumulto i carabinieri sparirono, e, verso le ore 13 e mezzo vedemmo giungere in paese sei arrestati fra i carabinieri e le guardie campestri. Ed ecco l’accaduto: l’individuo che avvertì il brigadiere, gli disse che il bandito trovavasi in contrada Mesola, in una masseria detta Pantalone fra Cassano e Santeramo. Prima di partire il brigadiere telegrafò alle stazioni di Acquaviva, Gioia e Santeramo per i rinforzi, ma questi giunsero sul luogo a fatti compiuti.
Per farsi un’idea del luogo dove il fatto è avvenuto, bisogna figurarsi un’avvallamento fra due murge, con terreno macchioso e molto ripido. Ivi sorge la masseria la quale invero pare una trappola. Perché Servodio sempre cosi accorto ieri ci si facesse cogliere, va notata una circostanza. Fra gli arrestati sul luogo vi è un Francesco Servodio, zio dell’ucciso, il quale !a mattina, molto presto fu veduto in chiesa, a Cassano, per la messa. Visto che in piazza v’era tumulto, questi s’affrettò a raggiungere il nipote per dirgli che stesse tranquillo per quel giorno, che la forza era in paese.
Servodio si convinse, ma per misura di precauzione aveva appiattati fra i cespugli due ragazzi in vedetta, ragazzi che sono in arresto. Subito i carabinieri s’impadronirono di essi e domandarono loro se Servodio fosse nella masseria. Forse i ragazzi dovettero esitare o confessare, certo che i carabinieri si fecero avanti e circondarono la masseria.
Servodio che stava sempre in guardia, uscì dalla porta principale della casa e guardò nella campagna. Li vide i carabinieri e si dette indietro; tornò nella casa e, toltosi le scarpe e la giacca cercò di fuggire per la corte. Anche Ii vide un carabiniere che fu poi quello che l’uccise, e un certo Migliacci di Bari, ex carabiniere ed ora guardia campestre a Cassano. Erasi avvicinati ad un guadello nella parete, ma contrariato alla vista del carabiniere riscavalcò il muro e tornò nella corte. Il bravissimo carabiniere Salvatore Pellegrini domandò a Migliacci: E’ quello Servodio? Si, rispose Migliacci ed allora il primo fu lesto a prendere il posto occupato prima dal bandito. Ci fu un’alternativa di alcuni minuti fra il carabiniere che gli intimava la resa e Servodio che cercava un punto per scappare. Alla fine quest’ultimo che erasi accoccolato si levò un poco e guardò per un’altra via di scampo.
Ma anche lì vide carabinieri; allora fece fuoco in quella direzione. A questo rispose Pellegrini che lo colpi alla tempia e lo fece stramazzare.
Allora gli furono tutti addosso e lo finirono. Ho visto il cadavere che è crivellato di colpi: sul solo braccio destro ce ne sarà una dozzina. Non vi dice poi della schiena. ll cervello ne schizzò fuori per la ferita alla tempia. L’impressione in paese è enorme.
Stamane alle otto si è recato sul posto il pretore da Acquaviva per le constatazioni di fatto. Alle dodici poi hanno portato il cadavere al cimitero passando per il paese. Seguiva il traino una folla enorme.
Oggi alle quattro ci sarà l’autopsia alla quale ho ottenuto di assistere, perciò ve ne informerò subito dopo. Della questione demaniale vi informerò in seguito.

tratto e adattato dal Corriere delle Puglie del 19/09/1900, p. 1

Corriere delle Puglie del 21/09/1900, p. 2

NELLE TRE PUGLIE
(Lettore, Cartoline e telegrammi)
DALLA PROVINCIA DI BARI

Cassano-Murge 19
Egregio Signor Direttore

Un tal Giuseppe Capriati, nel numero del Corriere in data 19 andante, scrive da Cassano-Murge una corrispondenza a proposito del brigante Servodio ucciso, ove incorre in parecchie inesattezze. O egli non è stato veramente sul luogo o il suo racconto non risponde alla verità; questo è ciò che pensa ogni individuo dimorante in questo disgraziato paese. Chi non conosce qui la vera storia, brevissima del resto, di Vito Servodio?!
Al signor Capriati io vorrei dare un consiglio.
Più non s’interessi del nostro paese, dal momento che non ne conosce bene gli uomini.
Egli, senza volerlo, si rende il gatto della scimmia, che col suo zampino avrebbe voluto tirare la castagna dal fuoco: non può spiegarsi diversamente. E scommetto che se l’ingenuo corrispondente risalisse alla origine delle sue informazioni, si convincerebbe che esse hanno una ragione per non essere sincere, ma invece ispirate ad una soverchia tenerezza per la famiglia D’Ambrosio.
E intanto mi rivolgo ai suoi informatori e domando loro: che sperate ottenere in cotesto modo? Credete, falsando l’opinione publica, di deviare il corso della giustizia? Se son rose, fioriranno!
E, tanto perch’Ella. sig. direttore, sappia in che modo il tatto è stato alterato, si compiaccia seguirmi.
Il corrispondente dice che il Servodio, nel 1878, assassinava il sig. Raffaele D’Ambrosio, sindaco di Cassano, facendo supporre dal titolo che si trattasse d’un affare di partito.
Raffaele D’Ambrosio invece non era sindaco, nè copriva allora niuna carica pubblica. Esclusa l’idea del partito, che cosa resta? Resta dunque quello dell’interesse. Ed il paese sa bene di chi poteva essere l’interesse.
Aggiungeva che il Servodio fosse stato condannato in seguito a tale delitto, che da due anni ne avesse scontata la pena e che ora si rivolgesse ai mandanti per averne il voluto compenso!! Nient’altro?
Il Servodio invece fu assoluto pienamente dalle assise di Bari; e se ritornò in galera, fu per grassazione ed uccisione di animali a danno d’un tale V. Domenico Capozzolo: delitto, che gli fruttò 25 anni di lavori forzati alle assise, ridotti poscia in appello a 15 e 8 di sorveglianza speciale.
Vede, sig. direttore, che differenza dalla corrispondenza del Capriati?
E chi sa che altro gli avrebbero fatto dire!
Non voglio sapere se il Servodio si fosse rivolto a qualcuno per aver danaro, nè sotto qual titolo l’avesse potuto fare; ma solo Le assicuro che non si sarebbe potuto rivolgere mai all’innocente Tommaso Ciccarone, che poppava all’epoca dell’assassinio D’Ambrosio, nè al padre che non aveva col D’Ambrosio interessi privati o politici di sorta. Anzi fo notare che io allora facevo parte dell’Amministrazione, mentre l’assassinato no. Se avessero detto che il d’Ambrosio avesse tentato uccidere me, via! Sarebbe stato almeno alquanto logico.
Augurandomi, quindi, di non essere più obbligato ad importunare il suo giornale con un argomento, che la sola Giustizia deve trattare, e, pregandola di dare ospitalità a questa mia, Le anticipo i più sentiti ringraziamenti.

Di Lei dev.mo
Antonio Ciccarone

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Atto di morte di Tommaso Ciccarone

Ancora l’uccisione di Servodio

Un’altra versione dell’uccisione di Servodio, che, seguendo il nostro sistema d’imparzialità, pubblichiamo:

Altamura 19.
Vito Servodio, che dopo aver espiato 14 anni di reclusione, ritornava a Cassano, dopo parecchi mesi uccideva il 16 maggio in pieno giorno suo cugino Tommaso Ciccarone, un giovane dabbene che non avea dato alcun motivo di vendetta.
Compiuto l’omicidio il Servodio si dava alla latitanza, manifestando propositi feroci.
Scorazzava le campagne, sfuggendo alle ricerche della forza pubblica.
lnsospettito che un tal Antonio Petrone avesse denunziato il suo luogo di rifugio ai Carabinieri, lo uccise con 3 colpi di moschetto alla presenza della moglie di costui.
Il Comandante dei Carabinieri, tenente Zapponi anche affrontando pericoli, disagi e fatiche restò in permanenza in campagna dal 21 al 29 agosto insieme al delegato Barone. Il cav. Nudi sotto prefetto di Altamura si recò espressamente a Cassano per rendersi conto dei mezzi adatti a raggiungere il Servodio.
Per provvedimento del tenente Zapponi il bravo Brigadiere dei Carabinieri di Cassano sig. Caputi intanto indagava il contegno di quanti potevano aver relazione col Servodio.
Ed a questo metodo di sorveglianza si debbono i risultati.
Domenica mattina il brigadiere poté scovrire che il Servodio sarebbesi trattenuto nella masseria Pantalone dei fratelli Togariello di Cassano a 12 chilometri dall’abitato.
Egli quindi dopo di aver telegrafato ai Comandanti delle stazioni vicine, silenziosamente coi suoi solerti agenti e con la guardia Zupo si recò alla masseria Pantalone suddividendosi in 4 pattuglie per accerchiarla, per impedire al Servodio d’internarsi nel bosco Mesola vicinissimo.
Il brigadiere Caputi con la guardia Lupo erano appiattati insieme, quando il Servodio, avvisato forse dalle persone della masseria del pericolo che gli sovrastava, carponi tentava uscire dalla masseria, dalla parte ove era il Caputi e Zupo. Quest’ultimo però lo scoperse e lo indicò al Caputi. Servodio accortosi della loro presenza a non più di 30 m. di distanza esplose lor contro un colpo del suo vetterly saltando immediatamente un muro ed internandosi novellamente nei cortili della masseria, mentre alla detonazione gli altri carabinieri usciti dal rispettivo appiattamento, giusta gli ordini del Caputi, circondarono più dappresso la masseria.
Il Servodio cercò salvarsi scavalcando il muro opposto da quello ove era entrato e cercando nascondersi dietro ad una siepe, ma fu visto dal carabiniere Pellegrino che gl’intimò di arrendersi. Servodio invece a poco più di dieci m. e mentre al Carabiniere Pellegrino si erano uniti i Carabinieri Simone e Saboini loro esplose contro un altro colpo. Fu allora che il Carabiniere Pellegrini, da non confondersi col precedente che é Pellegrino, esplose tre colpi contro il Servodio e due ne esplose il carabiniere Marzullo ed uno il carabiniere Simone.

Madonna, mi hanno ammazzato

gridò Servodio ed il carabiniere Simone, approfittando di un’ apertura si slanciò per essergli addosso, ma il Servodio, quando il Simone gli fu dappresso a bruciapelo gli esplose un colpo, dal quale il Simone restò fortunatamente illeso.
Altri carabinieri esplosero altri colpi tanto perché l’assassino accennava ancora a resistere; e cosi fu finito.
Questi sono i particolari veri del fatto della brillante operazione.
Gli Agenti delle stazioni di Acquaviva. Gioia dei Colle e Santeramo arrivarono a fatto compiuto. Vanno perciò distinti il brigadiere Caputi, i carabinieri sopra nominati, la guarda Zupo, come va notata l’attività del cav. Nudi e l’energia del tenente Zapponi. Ed è mia lode, che questi funzionari hanno indubbiamente meritata.

tratto e adattato dal Corriere delle Puglie del 21/09/1900, p. 2

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Atto di morte di Vito Servodio

Vi è testimonianza che all’atto della sua autopsia fosse presente una donna al fianco di Vito Servodio, ucciso nella concitata caccia all’uomo. Un uomo che evidentemente ha saputo guadagnarsi la fiducia e l’affetto di qualcuno che ha saputo comprenderlo.

Per saperne di più potete cercare il libro “Il bandito Servodio” di Antonio Giordano, pubblicato nel 2011 per Messaggi Edizioni. L’autore è uno storiografo e docente universitario, e per questo libro si è basato sui molti documenti relativi agli atti processuali  delle Corti d’Assise di Trani, Taranto e Napoli.

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Fonti consultate

Corriere delle Puglie del 18/09/1900, p. 2
Corriere delle Puglie del 19/09/1900, p. 1
Corriere delle Puglie
del 21/09/1900, p. 2
Giordano e il “bandito dal grilletto facile”, Giulia Masiello, CassanoWeb, 02/04/2011, URL consultato il 01/11/2016
Perchè “Parco dei Briganti”, Il Parco dei Briganti, URL consultato il 30/10/2016

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